mercoledì 31 ottobre 2018

31 Ottobre


Halloween!
Dice il Dizionario:  -Festa popolare di origine celtica, oggi tipica degli Stati Uniti e del Canada, che si celebra la notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre con scherzi e travestimenti macabri e portando in processione zucche intagliate e illuminate all'interno.-

Non mi entusiasma particolarmente questa ricorrenza, anche se devo dire che il lato horror mi affascina. Non ci appartiene, a noi italiani intendo, abbiamo già il Carnevale e voglio ricordare uno fra tanti quello splendido di Venezia, che bisogno abbiamo di una festa delle zucche?

Ma, non volendo passare per una brontolona bisbetica e nazionalista, questa sera apriro' anche io la porta a piccoli scheletri, vampirini innocenti, simpatici visi bianchi e stravolti con coltellacci piantati nelle tempie sanguinanti, zombie sorridenti, ragni e ragnetti, streghe e streghette, rispondendo di buon grado alla domanda di rito: "Dolcetto o scherzetto?" dispensando cioccolatini, caramelle ed altri dolcetti.

Halloween!
E come ogni fine ottobre da qualche anno a questa parte e per me è diventata una consuetudine,  ripropongo la mia poesia ambientata in questa notte da tregenda ma senza nessun orribile rito satanico.
Anzi...

Solo stanotte

Vieni
questo è l’antro dove nulla è come appare

Entra 
nel mio magico incantato sabba.

Siedi 
sul cuscino scarlatto: piume d’araba fenice
per rinascere dalle ceneri di un obliato passato.

Bevi
è’ per noi: giovinezza beltà e passione.

Ascolta 
è un assolo di violino che penetra
come lama rovente dritta nei nostri cuori
e frantuma l’anima avvolta di nero mantello.

Guarda
il corpo rigenerato e lucente
alla fiamma calda di mille candele.

Accoglimi 
tra le braccia e stringi con antica giovinezza
scalda il ghiaccio di questa pelle stregata.

Prendimi
come vuoi e come sai sentimi più che puoi.
Sono la fata la sirena l’eterna maga.

Amami 
come nessuno prima, amami stanotte.

Penetra questa anima persa questo cuore nuovo,
resta in questo antro caldo tra le mie dolci mani
e legami a te fino alla fine dell'incantesimo e del tempo.


Marisa Cappelletti






lunedì 29 ottobre 2018

Tempesta


Il clima è cambiato! Forse ci siamo trasferiti ai tropici e non ce ne siamo accorti: ottobre è alla fine e non vuole saperne, fino all'ultimo suo giorno,  di lasciare il passo all'autunno. 

Ve lo ricordate l'autunno? Quello delle foglie morte come nella bellissima canzone di Prévert per Ives Montand? Quello della nebbia in Val Padana e di quell'acquetta fastidiosa che ti mette malinconia? Dice un antico proverbio milanese: 
-Per tucc i Sant capott e guant- (Per Tutti i Santi cioè per il primo di Novembre, cappotti e guanti)
Ma dove? A Milano? Noo. 




Abbiamo fatto il cambio degli armadi, ma ce ne stiamo ancora pentendo,
Niente piumini, sciarpe, cappelli e cappellini, calze scure, stivali e tutto cio' che da sempre il popolo milanese indossa da fine settembre a fine marzo ed a volte aprile.
Ci si è stravolta la vita!

Oggi ad esempio piove, ma piove a scrosci: un momento piove normalmente, il momento successivo c'è un temporale tropicale con tanto di bombe d'acqua, tuoni e fulmini.
Ed é in corso una bufera di vento. Davanti a casa i pioppi altissimi si piegano minacciosi sul mio terrazzo, peraltro ancora verde, con i fiori degli oleandri, i vasi di kalancoe e euphorbia che sono un tripudio di colori, il papiro che si meraviglia dell'aria violenta che nel suo paese d'origine non c'è. I gelsomini imperterriti nella loro indifferenza ed i limoni che si tengono stretti i loro frutti. Ma intanto i rami degli alberi si spezzano ed il pericolo reale che atterrino a casa mia mi preoccupa.



Speriamo che a Natale le rose non fioriscano piu', mi toccherebbe ricomprare lo spray anti-acari! 

In tutto questo baillamme mi torna in mente una mia vecchia poesia. Vecchia si', ma sempre attuale per me.


Stagioni

L'autunno cammina veloce
sugli anni che stiamo vivendo.

La senti quest'aria diversa
che fresca ormai ci accompagna?

La vedi sulle mie pieghe
l'età che ci ha insegnato la vita?

Ma niente potrà mai cambiare
in gelido e sbiancato inverno
il tempo che ci trova insieme,

l'estate che ci scoppia dentro.


Ives Montand
Les feuilles mortes


Marisa Cappelletti





domenica 28 ottobre 2018

Una domenica tranquilla


Una pioggia insistente, l'umido che penetra sotto i vestiti e arriccia i capelli, la voglia di starsene a casa, nel tiepido appena accennato di un riscaldamento work in progress, i giornali della domenica, un po' di tv, ma poca perchè io davanti alla televisione, qualsiasi sia l'ora del giorno o della sera e qualunque cosa stiano trasmettendo da Inter-Milan (Vai Inter, Amala!) ad un quasi antico ma sempre agghiacciante Dario Argento di L'uccello dalle piume di cristallo, si', io mi addormento. So di non essere l'unica, ma a volte mi piacerebbe vedere come va a finire quel che avevo iniziato a guardare!



Leggo il Corriere ( Corriere tout-court per i milanesi, Corriere della Sera per il resto dei lettori), il Corriere Milano, La Lettura che è l'inserto della domenica ed è sempre molto interessante per me, con le classifiche dei libri piu' venduti che mi lasciano quasi tutte le settimane leggermente (eufemismo) perplessa e per ultimo Io Donna che esce il sabato ma che io tengo in serbo per la domenica.



Leggo persino l'oroscopo di cui non credo nemmeno una virgola, ma che mi incuriosisce sempre perchè diverso dai soliti oroscopi lavorosaluteamore. Che poi vuoi vedere tutti i Capricorni del mondo che hanno una sfiga pazzesca con l'uomo/donna che in quel momento si illudono essere quello/a giusto/a per una vita tutta in rosa? 
E sempre tutti i Capricorni del pianeta col mal di testa e lo stomaco in subbuglio? Ma quello di Io Donna ha sempre un tocco di cultura aggiunto alle previsioni: una frase tratta da un libro, un aforisma, oggi una poesia di Franco Arminio che tutto sommato mi si adatta e forse anche a tutti gli altri che hanno letto, ma apprezzo il tentativo di dare una svolta culturale anche agli oroscopi.



Tra tanti articoli ho letto la presentazione del nuovo libro di Eva Cantarella, scrittrice molto apprezzata e famosa docente di Storia del Diritto Romano alla Statale, che elargi' in tempi lontani un bel 28 a mia figlia. Bello perchè era il suo primo esame in assoluto e perchè la prof ero lo spauracchio degli universitari.

Il nuovo libro dal titolo Gli amori degli altri, edizioni La nave di Teseo,  racconta 30 storie di passione, gelosia e potere nell'antichità della  Grecia e di Roma. 

Nell'articolo viene riassunto il piu' romantico: l'amore tra Selene (la Luna) ed il pastore Endimione.
Zeus viene definito il primo molestatore seriale della storia e sono d'accordo, Ettore era il grande amore di Andromaca, ma non era certo un marito fedele, infatti la poveretta racconta alla figlia Ermione che per tenersi stretto il fedifrago, aveva acconsentito ad allattare tutti i suoi figli illegittimi.



Dice l'Autrice nell'intervista " La cultura condiziona le relazioni, permette visioni differenti, anche contrapposte, riguarda pure i sentimenti. Gli amori degli altri, cioè dei Greci e dei Romani, sono diversi dai nostri e tra loro. Il passato è complesso, non monolitico. La diversità è sempre una ricchezza. Questa è la lezione della Storia."

Adoro la Storia antica e, grata per il suggerimento, curiosa, comprero' il libro.





Inoltre mi piace ricordare la mezza pagina (ed è già un passo avanti) che suggerisce quattro libri di poesia, titolando: Ritorno alla poesia. Speriamo sia davvero cosi'. 



Ora, poichè si avvicina il momento della cena, come aperitivo vado a leggere Lunch a tutto tondo,
quattro pagine di ricette e foto di funghi e di una meravigliosa  torte tatin classica con le mele.







Marisa Cappelletti


     

sabato 27 ottobre 2018

JAZZMI

Blue Note

Dal 1 novembre al 13 novembre Milano e la manifestazione JazzMi tornano a raccontare e raccontarci il magico mondo del jazz: la storia, il passato ed il futuro, i generi e le contaminazioni.
Pinacoteca di Brera

Oltre 210 eventi e piu' di 500 artisti , concerti con grandissimi musicisti nazionali ed internazionali, mostre, incontri, workshop, collaborazioni e sinergie.

Triennale


E' un grande ed innovativo progetto che si svilupperà nell'arco di 13 giorni in piu' di 100 location in tutta la città, la mia città, la mia Milano.


Brera

Si suonerà, parlerà, ascolterà tra i tanti luoghi allaTriennale, al Blue Note , al circolo Magnolia, alla Darsena, alla Corte dei Miracoli, al Museo del Novecento, al Conservatorio, al mio locale preferito per il brunch Le Biciclette, alla Pinacoteca di Brera, alla Bocconi, al Santeria Social Club ed in tantissimi altri luoghi.
Corte dei Miracoli

Tra gli artisti  l'immenso Paolo Conte, la leggenda del jazz italiano Enrico Intra, l'Art Ensemble of Chicago, Stefano Bollani, Chick Corea, Paolo Fresu, James Senese, Colin Stetson e potrei continuare fino a riempire tutta la pagina ed oltre.





Se siete interessati, cercate informazioni, aggiornamenti, biglietti consultate

www.jazzmi.it

Ci sarete? Io ci saro'.


Marisa Cappelletti



   

giovedì 25 ottobre 2018

I segni della vita


Non riesco a dire, come la grande, grandissima Anna Magnani "Ho impiegato tutta una vita per averle, perchè dovrei toglierle?" 
Qualcuna si', la toglierei, sono troppe, profonde, reali e metaforiche. Certo un viso ed un cuore lisci e perfetti no, non li vorrei:  ho vissuto dunque è giusto che i segni ci siano e rimangano, testimoni imparziali  di quel che è stato, ma qualche segno si', lo cancellerei. 
Ci pensero'...

Rughe

Sono parte di me della mia anima della mia esistenza.
Sono quello che ho vissuto e gioito, dato e subito,
lo specchio della vita, degli anni, della mia sofferenza.

Ciascuna racconta una storia rimasta o forse passata,
un pensiero pesante, un sorriso leggero, un amore finito,
la folata di vento che spazza la voglia di ogni cosa vissuta.

Le rughe del viso, le rughe del cuore, di ogni me stessa.
Gli anni, fatiche, illusioni che riempiono tutta
quest'anima amara che ancora combatte da vecchia leonessa
per un battito in piu', un volo di gioia, una ruga perfetta.

Anna Magnani canta O' surdato 'nnammurato
Dal film  La sciantosa di Alfredo Giannetti 1971



Marisa Cappelletti







mercoledì 24 ottobre 2018

Concorsi internazionali e fregature

Mario Luzi (20 ottobre 1914 - 28 febbraio 2005)

Attirata dal prestigio del Concorso, ho incautamente partecipato, versando purtroppo ed in controtendenza ai miei principi, 20 euro al Premio Mario Luzi per la poesia.

"Il piu' importante e prestigioso premio italiano" sotto l'egida del Senato della Repubblica Italiana e dell'Accademia dei Lincei.

Dopo pochissimo tempo dall'invio di tutto il materiale richiestomi, ho ricevuto una mail che mi avvisava della validità delle mie opere e per questa ragine della decisione dei fondatori del premio di pubblicarle nell'Enciclopedia di Poesia contemporanea 2018. Bastava leggere il contratto, sottoscrivendolo.

Mi sono emozionata e, lusingata, ho iniziato a leggere un contratto lungo alcune pagine.
Poi sono arrivata alla parte in cui molto professionalmente e con termini legali arzigogolati era prevista una "donazione", sia chiaro assolutamente volontaria, di minimo 199 euro e massimo 499 euro alla Fondazione, dipendeva dal numero delle copie dell'Enciclopedia che si volevano ricevere.
Ed in termini legali sempre molto arzigogolati si lasciava intendere 
-niente donazione niente pubblicazione- 
Figuriamoci allora la premiazione!

Naturalmente era prevista anche una citica approfondita e professionale con tanto di rilascio di un certificato che mi sarebbe servito, visto l'importanza della Fondazione, ad aprirmi eventuali porte editoriali. 
Naturalmente c'erano dei costi. Ma bastava compilare un modulo per entrare nell'Olimpo dei poeti.

Ho lasciato perdere il Concorso, il Premio, le donazioni, i moduli e la Fondazione.

Ancora una volta ho dovuto imparare a forza ed alla mia bella età che in questi ambienti nulla viene regalato o concesso al talento, ma tutto ha un prezzo, un costo, anche in dignità.


Marisa Cappelletti   

martedì 23 ottobre 2018

Sognare aspettando il sonno


Non sogni

Chiudo gli occhi ed inizia
il mio volontario viaggio
a mente sveglia.
Pensare, sognare? Forse.
Ma ora lasciami qui
con la fantasia che corre
incontro a desideri reali
avverati in sogni voluti.


Marisa Cappelletti 

Da 
Senza paura
Aletti Editore 2015



lunedì 22 ottobre 2018

Palio "straordinario" di Siena


Riporto quanto pubblicato da LAV (Lega anti vivisezione) sul palio (la maiuscola è volutamente tralasciata perchè questa manfestazione di origini medioevali non merita nemmeno una lettera maiuscola), straordinario di Siena svoltosi ieri. 

Visto che ai due Pali "ordinari" del 2 luglio e 16 agosto non c'erano stati incidenti, a Siena hanno pensato di indire un Palio "straordinario". Ed è così che Raol - ucciso dopo una caduta che gli ha causato la frattura di una zampa - è diventato il 51 esimo cavallo ad aver perso la vita negli ultimi 48 anni durante il Palio di Siena.
Basta chiamarli incidenti: la morte dei cavalli continua a essere l'unica cosa davvero "ordinaria" che succede durante queste folli corse.
Vogliamo giustizia per Raol e per questo sporgeremo denuncia.
Basta corse della morte!

Sono pienamente d'accordo con la LAV, dunque:
Basta con i palii dove i cavalli vengono mandati allo sbaraglio e, se azzoppati, vengono eliminati senza coscienza e senza pietà.
Proporrei, provocatoriamente, di eliminare anche i fantini che cadono e si fanno un minimo di male!


Marisa Cappelletti






domenica 21 ottobre 2018

Fantasticare è vivere, vivere è anche lasciarsi andare alla fantasia.

 
                     


Fantasia


Lascia sempre vagare la fantasia,
È sempre altrove il piacere:
E si scioglie, solo a toccarlo, dolce,
Come le bolle quando la pioggia picchia;
Lasciala quindi vagare, lei, l’alata,
Per il pensiero che davanti ancor le si stende;
Spalanca la porta alla gabbia della mente,
E, vedrai, si lancerà volando verso il cielo.

John Keats


Marisa Cappelletti





mercoledì 17 ottobre 2018

Picasso Metamorfosi


La Mostra mostra piu' importante dell'anno arriva domani, 18 ottobre, a Palazzo Reale.


Picasso nel suo Atelier

Pablo Diego Josè Francisco de Paula Juan Nepomuceno Maria de los Remedios Cipriano de la Santissima Trinidad Ruiz y Picasso, che fortunatamente per tutti scelse come nome d'arte soltanto Picasso cognome  della madre di origini genovesi, nacque a Malaga il 25 ottobre 1881 e mori' a Mugin l'8 aprile 1973.


Picasso con la sorella Lola

E' stato pittore, scultore e litografo, artista poliedrico innovatore e geniale, che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell'arte mondiale, ha dipinto tele di blu e di rosa, di donne perfette e di corpi scomposti, ha inventato con George Braque il cubismo. 


Picasso - Dora Maar

Nella mostra evento che si aprirà domani a Milano ci saranno 200 opere, lavori noti e meno noti che si intrecciano con vasi, terrecotte, piastrelle, statuette ed anfore.
Si potrà scoprire attraverso i suoi quadri la passione per l'arte antica, le sue terrecotte che da oggetti di uso comune vengono dall'artista elevati ad opere d'arte.
Si potranno ammirare opere ispirate a classici greci, a quadri di Rodin e Ingres, ospitati nella mostra, vasi la cui creazione è stata suggerita da vasi ellenici, alle Metamorfosi di Ovidio, che l'artista illustro' nel 1931.


Nudo disteso (ispirato da Arianna addormentata  statua ellenica del III secolo d.c.)


Sarà la mostra-evento della stagione ed i biglietti stanno andando letteralmente a ruba.


Marisa Cappelletti










domenica 14 ottobre 2018

¨Se volete...

Se volete leggere il mio libro di racconti brevi "Racconti milanesi" lo potete trovare qui:


Librerie on line








Prossimamente in cartaceo presso le librerie convenzionate con Montag Edizioni.

Grazie.

Marisa Cappelletti





Il racconto della domenica

Erano estati cosi' lontane che fatico a ricordare ma, quando il cassetto dei ricordi si apre e le pagine del mio libro personale iniziano a sfogliarsi da sole, allora le immagini si affollano nitide, la nostalgia ormai dolce riaffiora, il rimpianto per chi non è piu' fisicamente con me fa sempre tanto male e quella bambina quasi persa nel tempo mi sorride e mi prende per mano portandomi con sè là dove sono stata felice.  

La famiglia Brambilla 

-La famiglia Brambilla in vacanza
Sulla vecchia balilla s’avanza…-

Cantavamo tutti e tre spensierati: la mamma, i capelli biondi al vento, seduta davanti di sbieco sulla canna, languidamente appoggiata a  papà che , occhi verdi fissi sulla strada e corpo atletico, pedalava senza sforzo e con estrema attenzione ed  infine io, piccola donnina dai  capelli ricci, scura da sembrare di un altro Paese , che ridevo e cantavo felice di stare stretta al mio bel babbo, seduta sul  cuscinetto appoggiato al portapacchi fissato dietro il sellino della bici.

Quella era la nostra Balilla.
Troppo poveri , come la maggioranza degli italiani negli anni ’50,  per avere un’automobile,   quando si  andava in vacanza  (quindici giorni a Chiavari), la bicicletta nera, tirata a lucido, veniva spedita via treno all’indirizzo della caserma dei Vigili del Fuoco, nella cui dependance c’erano gli alloggi estivi per le famiglie dei pompieri. 

Lo so, oggi puo’ sembrare assurda ed impensabile una tale sistemazione, ma allora, credetemi,  era meravigliosa, almeno per me!

Si partiva la mattina presto dalla Centrale dove si arrivava almeno un’ora prima, hai visto mai che il treno partisse in anticipo,  per un viaggio che a me pareva lunghissimo ed avventuroso con tutte quelle gallerie che portavano il buio improvviso  ed il rumore assordante del treno sulle rotaie, il vento caldo e l’odore acre di fumo e di catrame.
Mi batteva forte il cuore, chiudevo gli occhi e speravo finisse presto. 

Il chiaro in fondo al tunnel l’aria piena di sole e poi ancora buio e avanti cosi’ fino alle prime stazioni di mare: Recco, Camogli e via una dopo l’altra le stazioncine con le palme, gli oleandri, gli scorci di mare tra una casa rosa ed una verdina,  che mi facevano battere le mani dal finestrino abbassato, quel profumo pulito di sole, mare, fiori e felicità.

Poi finalmente Chiavari!
La stazione era piccola ed invasa dalle erbacce, noi si usciva e ci si riuniva davanti al cinema-teatro di Piazza Garibaldi dove i Vigili del Fuoco ci aspettavano  con il loro camion rosso brillante e ci portavano alla Caserma, alla periferia del paese.
 Era una antica villa,  nella campagna assolata vicino al fiume Entella. C’erano uno splendido giardino, il gioco delle bocce, la rimessa dell’autopompa, una costruzione relativamente nuova  per il dormitorio dei Vigili del Fuoco e quella seconda villa con le nostre camere.

Come nelle Colonie estive per bambini, si veniva divisi: le femmine con le femmine ed i maschi con i maschi, eccezion fatta naturalmente per i piu’ piccoli.
Penso che i miei genitori soffrissero molto questa separazione forzata, ma questo lo capii molti anni piu’ tardi.
I pasti venivano serviti nel refettorio comune ed ogni giorno, dalla colazione alla cena, si era tutti insieme, credo una trentina circa di persone, a mangiare, chiacchierare, ridere e scherzare, come in un banchetto  di nozze che si andava ripetendo per 15 giorni.

 La spiaggia distava penso due chilometri e la nostra “Balilla” era indispensabile.
Prima di partire alla volta del Lido di Chiavari, che a me pareva una cosa lussuosissima con  le sue cabine private in cemento su due piani, il solarium, il bar ed il ping pong da tavolo, raccoglievo in una parte del giardino adibita ad orto delle carotine piccole e tenere ed a metà strada ci fermavamo, caldo soffocante e frinire di cento cicale a tenerci compagnia, davanti ad una gabbia dove i conigli mi aspettavano ammassati contro la rete che li imprigionava.
Oggi mi sarei già rivolta da tempo alla LAV per liberarli!

Alla spiaggia, composta da sassi grandi o piccoli, ma sempre scomodissimi sassi, si stendevano gli asciugamani, si sistemavano la borsa ed i vestiti, la mamma mi abbassava il davanti del costumino di lana per farmi prendere il sole ed io inauguravo cosi’ il primo topless di tutti i tempi.

Poi papà mi faceva fare il bagno: avevo un salvagente verde ingombrante a forma di pesce, forse uno squalo,   e quando il babbo mi porto’ per la prima volta al largo (per me dove non toccavo era il largo), e tolse il tappino che teneva gonfio il pesce lasciandomi nella situazione di naufraga senza salvifici scogli, capii il significato del ghigno cattivo del malefico pesce.
 Pero’ imparai a nuotare. Allora funzionava cosi’. 

La sera, come ora si va al Pacha ad Ibiza, allora si andava da Giovannino, sotto i portici vecchi, dove si mangiavano  farinata e castagnaccio, si beveva vino bianco delle Cinque Terre e Ugo, grande amico di papà, suonava la chitarra e tutti cantavano fin oltre mezzanotte.
Oppure dal Sciur Pepin (alla milanese), osteria sgangherata sulla riva del fiume ed anche li’ giu’ vino in bicchieri di vetro spesso che ricordo ancora, come ricordo il gestore, il Pepin appunto, che con voce tenorile cantava La Spagnola tra i fischi e gli applausi della compagnia decisamente brilla.
No, io no.
Io, tra una scarica di immaginate voi che  cosa e l’altra (si’ perché a me il mare faceva quell’effetto dal giorno dell’arrivo alla mattina della partenza, ma ai miei pare non importasse piu’ di tanto, non mi si chieda come mai), dormivo. 

Non esistevano baby sitter ai tempi e credo che quegli omoni di pompieri non fossero disposti a farne le veci, cosi’ la sera dormivo in braccio a mamma e tornavo sulle spalle di papà. 

Andarono  avanti cosi’ le mie vacanze, con intermezzi tragi-comici: io che rischiai di affogare in  mezzo metro d’acqua, salvata da uno sconosciuto che mi tiro’ fuori dall’onda  sollevandomi per le bretelle del costume . La mamma era occupata a far la sirenetta e non se n’era accorta.
L’onda anomala che arrivo’ all’improvviso coprendo tutta la spiaggia fino alla massicciata del treno e ci porto’ via ogni cosa costringendoci a tornare a casa in costume da bagno fradicio ed a piedi nudi.
Il nonno, sordo, allegro e  gran macho degli anni cinquanta,  superato non si sa per quale ragione il passaggio a livello abbassato, non senti’ il fischio del treno né le grida di mamma e delle altre signore che lo stavano ammirando  e per un soffio non ne venne investito.

Insomma le solite cose,  che mi permisero di arrivare ai  quattordici anni.
Che non assomigliavano nemmeno lontanamente a quelli delle adolescenti di adesso: ero ancora una bambina coi capelli ricci, anche se ormai il costume non lo abbassavo piu’, non uscivo la sera e giocavo a palla e raccoglievo con papà  pezzi di vetro levigati dal mare sulla riva.

Ma,  e qui il ma è d’obbligo, un bel giorno capito’.
Eh si’ ci cascai anche io, io cosi’ bambina: mi innamorai perdutamente di Piero Pieri, bel pompiere toscano di stanza a Chiavari! 
Il primo a capirlo fu lui.

No, la mamma no, lei era troppo presa dal SUO pompiere.
Ma Piero, che doveva essere giovanissimo ed a me pareva un uomo, fu gentile, mi tratto’ come la sorellina minore, cerco’ in tutti i modi di non ferire i miei neonati sentimenti. Anche papà se ne accorse, non disse niente e mi lascio’ vivere in tormento ed estasi la mia prima cotta.

Ma ormai la frittata era fatta: non potevo piu’ vivere quel tipo di vacanza per genitori e bambini soltanto, ero diventata grande.

La Balilla tornata per l’ultima volta dal mare, fini’ in cantina, si riempi’ della polvere degli anni e dei ricordi, sostituita da una fiammante Vespa verde oliva su cui il babbo sfrecciava spericolatamente a 40 chilometri all’ora ed anche meno, per le vie di Milano non ancora intasate dal traffico e dai sensi unici e sul  Passo del Turchino per gioia sua e preoccupazione di mamma.

Io andai verso altre vacanze, altri mari, altri costumi da bagno, altri innamoramenti estivi, anche se papà rimase sempre, finché visse, il mio eroe.

Mia madre, sempre bella e bionda ed anche leggermente, simpaticamente svanita,   continuo’ ad occuparsi a tempo pieno del SUO pompiere.


Il tempo poi fece tutto il resto.


Marisa Cappelletti





 

venerdì 12 ottobre 2018

Editing


Mi piacerebbe tornare alla mia vecchia occupazione intrapresa dopo la quiescenza: lettura di testi inediti, valutazione, sinossi, editing, commenti.
Per la verità l'ho abbandonata perchè troppo impegnativa. Io non voglio un lavoro perchè non ho piu' l'età, ho già lavorato a sufficienza ed anche di piu' e non ho intenzione di occupare posti che potrebbero far comodo a gente piu' giovane di me.
Ma qualche cosa ogni tanto, la grande soddisfazione di scoprire un testo interessante e la felicità di leggere una lingua italiana se non perfetta (nessuno lo è; ho conosciuto professori di lettere moderne ed antiche che sbagliavano a dividere nomi ed aggettivi per andare a capo)  e sono la prima a sbagliare,  almeno accettabile e variata. 
Mi piacerebbe presentare qui libri ma anche racconti brevi e poesie.
C'è qualche scrittore interessato?
Io sono qui.


Marisa Cappelletti



mercoledì 10 ottobre 2018

Poesia per un pomeriggio ventoso e dolce


Ritrovarsi

Ti diro' quello che vuoi sentire
inventero' parole per poterlo fare.

Mi dirai quel che non ho sperato
avresti detto, mi avresti dato.

Ci diremo di come siamo veri
di quanto ci riempiano i pensieri

che girano veloci ed intrecciati
pesanti di quei sogni ritrovati.

Ti chiedero' ancora e ancora di restare,
mi dirai di nuovo di lasciarmi amare.

Ti scrivero' quello che a voce non so dire:
musica e rime per te che sai capire

quanto il silenzio possa regalare
a due che come noi voglion provare

ancora un'ultima o forse prima volta,
anche se piu' non soffia il vento 
della giovinezza, a volare.


Marisa Cappelletti






domenica 7 ottobre 2018

Ed a proposito di racconti milanesi

Anche questa è Milano!

Ieri sera dovevo partecipare, in un locale tipico milanese dalle parti di Viale Monza, alla presentazione di un libro.
Non conosco né il nome dell’autore né il titolo del libro e me ne dispiaccio, ma dovevo solo vedere il posto e rendermi conto di come il distributore della Casa Editrice che mi ha pubblicata presenta i libri.
Sono uscita da casa, con altre persone, alle 18, 15, convinti tutti che ce l’avremmo fatta benissimo per le 19.
Illusi!
Non abbiamo tenuto conto del traffico, ma soprattutto del traffico del sabato sera! Ma dove vanno tutti il sabato sera?
Mi sono trovata immersa in un fiume fermo di auto disciplinatamente (noi a Milano siamo cosi’: guidatori di solito disciplinati e rispettosi di semafori, divieti ed altre piacevolezze) in attesa di fare un…passo avanti dopo l’altro.
Ho potuto cosi’ apprezzare con tutta la calma possibile,  una Città immersa, oltre che nello smog, nella luce magica dell’inizio serata, scintillante delle mille luci di vetrine e palazzi, animata da una marea inarrestabile di persone di ogni età e razza che camminavano, attraversavano, parlavano, ridevano, si cercavano. In fondo non c’era alcun bisogno di altro: lo spettacolo era tutto li’ nei viali e nelle vie di Milano.
Il Corso piu’ lungo d’Europa, Corso Buenos Ayres, era come una gran dama vestita da sera,  adornata da mille diamanti che, trasformati in vetrine, lucevano di mille colori, i rumori del traffico attutiti dai finestrini chiusi dell’auto  non disturbavano lo spettacolo.
Certo, poi ci sono sempre gli inconvenienti anche nelle migliori rappresentazioni: ci siamo persi nei meandri di una periferia non proprio tranquilla e per niente sicura.
Abbiamo costeggiato gli antichi docks  di Via Ferrante Aporti, tutti ormai chiusi da tempo,  i muri  trasformati in tele imbrattate da mille writers  disperati, la strada sporca di tutto, i ponti sotto la ferrovia che è meglio, molto meglio non frequentare, le strade deserte dietro Viale Padova,  la paura che l’auto si potesse fermare in questo novello inferno metropolitano.
Fortunatamente non si è fermata e siamo riusciti a tornare su Viale Monza, rinunciando per sempre al localino tipico ed alla presentazione informale ed alternativa. Di alternativo ne avevamo già avuto a sufficienza.
E cosi’,  ancora immersi nel fiume immobile di auto pazienti (ma poi quando arrivano a destinazione, dove mai vanno a parcheggiare tutti quanti?), abbiamo preso la coraggiosa decisione di andare in un locale dalle parti di Piazza Sant’Ambrogio.  Ma, se non è serata non è serata,  passando davanti al Museo della Scienza e della Tecnologia abbiamo dovuto fermarci perché da un inquietante e gigantesco tir tutto nero stavano scaricando qualche cosa di evidentemente prezioso (forse opere d’arte, quadri o chissà cosa), infatti la via era ingombra di guardie armate piu’ inquietanti del tir!  Riusciti poi a passare, sorpresa: in Sant’Ambrogio non si va perché è tutto transennato per qualche lavoro misterioso, dunque giro a vuoto e, indovinate? Altra full immersion nel fiume di auto.
Alle 22 circa abbiamo deciso che non tentavamo nemmeno la via dei Navigli perché li’, la sera, sia sul Naviglio Grande che su quello Pavese, non è possibile, data l’enorme frequentazione, parcheggiare né figuriamoci poi cenare.
Ci siamo ritrovati alle 22,30 seduti intorno al tavolo di un ristorantino sotto casa di una persona del gruppo, a pochi metri di distanza dalle nostre abitazioni.
E’ stata un’avventura che io ho trovato comunque piacevole, se si escludono il mal di schiena per la seduta troppo lunga in auto, le code interminabili, le ambulanze che sfrecciano, i sensi vietati, i quartieri pericolosi.
Concludendo:  
-Che hai fatto sabato sera?-
-Sono uscita in auto!-
E niente fu mai piu’ vero di questo.


Marisa Cappelletti



Lassa pur ch'el mund el disa