domenica 31 gennaio 2016

Domenica

how long...how long must we sing this song?...
Sunday bloody sunday
U2
Sempre attuale, purtroppo!





sabato 30 gennaio 2016

Sabato pomeriggio

Claudio Baglioni  Sabato pomeriggio

Lo so, è datata, ma a chi non piace?





E' d'obbligo!

Il sabato del villaggio




La donzelletta vien dalla campagna
in sul calar del sole,
col suo fascio dell'erba; e reca in mano
un mazzolin di rose e viole,
onde, siccome suole, ornare ella si appresta
dimani, al dí di festa, il petto e il crine.
Siede con le vicine
su la scala a filar la vecchierella,
incontro là dove si perde il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo,
quando ai dí della festa ella si ornava,
ed ancor sana e snella
solea danzar la sera intra di quei
ch'ebbe compagni nell'età piú bella.
Già tutta l'aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornan l'ombre
giú da' colli e da' tetti,
al biancheggiar della recente luna.
Or la squilla dà segno
della festa che viene;
ed a quel suon diresti
che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando
su la piazzuola in frotta,
e qua e là saltando,
fanno un lieto romore;
e intanto riede alla sua parca mensa,
fischiando, il zappatore,
e seco pensa al dí del suo riposo.

Poi quando intorno è spenta ogni altra face,
e tutto l'altro tace,
odi il martel picchiare, odi la sega
del legnaiuol, che veglia
nella chiusa bottega alla lucerna,
e s'affretta, e s'adopra
di fornir l'opra anzi al chiarir dell'alba.

Questo di sette è il più gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l'ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno.

Garzoncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno d'allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo'; ma la tua festa
ch'anco tardi a venir non ti sia grave.


Giacomo Leopardi                                                        


l conte Giacomo Leopardi, al battesimo Giacomo Taldegardo Francesco di Sales Saverio Pietro Leopardi (Recanati, 29 giugno 1798 – Napoli, 14 giugno 1837), è stato un poeta, filosofo, scrittore, filologo e glottologo italiano
.È ritenuto il maggior poeta dell'Ottocento italiano e una delle più importanti figure della letteratura mondiale, nonché una delle principali del romanticismo letterario; la profondità della sua riflessione sull'esistenza e sulla condizione umana – di ispirazione sensista e materialista – ne fa anche un filosofo di notevole spessore. La straordinaria qualità lirica della sua poesia lo ha reso un protagonista centrale nel panorama letterario e culturale europeo e internazionale, con ricadute che vanno molto oltre la sua epoca.
Leopardi, intellettuale dalla vastissima cultura, inizialmente sostenitore del classicismo, ispirato alle opere dell'antichità greco-romana, ammirata tramite le letture e le traduzioni di Mosco, Lucrezio, Epitteto ed altri, approdò al Romanticismo dopo la scoperta dei poeti romantici europei, quali Byron, Shelley, Chateaubriand, Foscolo, divenendone un esponente principale, pur non volendo mai definirsi romantico. Le sue posizioni materialiste – derivate principalmente dall'Illuminismo – si formarono invece sulla lettura di filosofi come il barone d'Holbach[4], Pietro Verri e Condillac[5], a cui egli unisce però il proprio pessimismo, originariamente probabile effetto di una grave patologia che lo affliggeva (forse la malattia di Pott o tubercolosi ossea della colonna vertebrale) ma sviluppatesi successivamente in un compiuto sistema filosofico e poetico:
« Questo io conosco e sento, / Che degli eterni giri,
Che dell'esser mio frale, / Qualche bene o contento
Avrà fors'altri; a me la vita è male »
(Giacomo Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, vv.100-104)
Il dibattito sull'opera leopardiana a partire dal Novecento, specialmente in relazione al pensiero esistenzialista fra gli anni trenta e cinquanta, ha portato gli esegeti ad approfondire l'analisi filosofica dei contenuti e significati dei suoi testi. Per quanto resi specialmente nelle opere in prosa, essi trovano precise corrispondenze a livello lirico in una linea unitaria di atteggiamento esistenziale. Riflessione filosofica ed empito poetico fanno sì che Leopardi, al pari di Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche e più tardi di Kafka, possa essere visto come un esistenzialista o almeno un precursore dell'Esistenzialismo.









venerdì 29 gennaio 2016

Con nostalgia


Sono ancora qui



Lo so ci sono sempre stata
in un angolo nascosto dentro te.
Lo sai non hai mai lasciato libero
il pensiero di avere altri ricordi,
altri scoppi di emozioni dopo me.
Ora che é tardi dici sono qui
in questo niente che si é creato
intorno a noi, che vorresti spezzare
per ritrovare ancora in un abbraccio
perduto gli anni passati a dimenticare.
Anche io sono qui, pesante di vita
e delusioni, per cercare di trovare
quel noi che siamo stati e mai saremo
ancora, ma con la gioia di poterti dire
come sempre e con l’emozione d’allora
-Sì, guarda, io sono qui-.


Marisa Cappelletti

giovedì 28 gennaio 2016

Storia di Streghe e di Maghi

Piccola favola per adulti sognatori.
Senza dimenticare il gufetto.


Era una notte non molto buia e Carletto il Gufetto stava bubolando a tutto spiano, tentando di renderla almeno tempestosa.  L’intento era quello di aiutare Adalgisa la Strega Indecisa a creare l’atmosfera ideale per un piccolo sabba molto privato.
 Non è che Adalgisa fosse una strega malvagia, no no, lei era buona e quasi tranquilla, una di quelle che esercitano non tanto frequentemente le arti magiche, solo quando si rende  strettamente necessario, e rigorosamente con magia bianca.
Dunque la nostra Strega aveva preparato quasi tutto per l’incantesimo e stava aspettando la sua vittima. Beh, proprio vittima no, perché il soggetto in questione era un bel signore di una certa età, conosciuto  in una chat per single sulle strade infide, anche per una fattucchiera, di Internet.
Eh si’, la tecnologia aveva stregato anche le incantatrici di professione!
Avevano scambiato mail e telefonate ed ora, dopo giorni e giorni, forse anni, passati senza che lei esercitasse magie, si ritrovavano innamorati persi. Che per una strega è il colmo!
 La vittima consenziente finalmente aveva accettato un incontro ed Adalgisa, il cuore stregato, aveva organizzato tutto.
La casa, solo all’apparenza appartamento elegante, si era trasformata in un luogo di perdizione (si’ lo so, è un’espressione vecchiotta, ma rende l’idea) con tutto l’occorrente per sedurre e coinvolgere chi voleva essere sedotto e coinvolto.
Cuscini purpurei e oro di morbida seta, candele al  profumo di gelsomino, luci soffuse e rosate, sofà di velluto, musica di violini e lei, splendente ragazza, nonostante la manciata di secoli che aveva sulle belle spalle e che iniziava a pesarle inesorabilmente.
 Aveva preparato una pozione per tutti e due: occhi verdi di leopardo e blu di lupo del Polo Nord, lavanda, camomilla per smorzare un po’ l’effetto travolgente, frutti della passione in abbondanza, polvere di rubini, fuoco e vento.
Insomma ce l’aveva messa tutta.
Carletto il Gufetto aveva smesso di bubolare e svolazzava eccitato da un dolcetto alle mandorle ad uno al cioccolato.
 La vittima era golosa!
Risuonarono due accordi di chitarra rock: era arrivato!  Adalgisa la strega  indecisa chiese allo specchio chi fosse la piu’ bella del reame. Lo specchio, come al solito stronzo, rispose:
-Chi vuoi che sia se ci sei solo tu?-
Ignoratolo, si aggiusto’  il mantello di velluto nero e spruzzo’ le ultime gocce di  Opium (anche le streghe hanno le loro debolezze), poi apri’ la porta.
La strinse in un abbraccio mozzafiato e la bacio’ come nemmeno Giacomo (Casanova) che aveva a suo tempo frequentato,  sarebbe stato in grado di fare, indi, palpeggiandola attraverso il mantello, sorridendo le sussurro’ –Finalmente amore mio!-
Ma siamo sicuri che a questo uomo  diversamente giovane serva la pozione magica?  
Ormai la ragazza che c’era in lei era divenuta incontenibile e allora Adalgisa, la strega tutto fuorché indecisa, si butto’ sull’enorme divano di velluto bordeaux aprendo il mantello nero che rivelo’ un perfetto corpo ventenne completamente nudo  che aspettava solamente di essere accarezzato.
Improvvisamente, sollecitato dalla visione,  il bell’uomo di una certa età si trasformo’ in quello che realmente era: Merlino Rosario il Mago Straordinario!
Adalgisa lancio’ un grido di sorpresa, di giubilo e di desiderio incontenibile nel vedere le proporzioni dell’eccitazione del bel mago.
Si alzo’ dal divano e ancheggiando sfacciatamente  offri’ a Merlino Rosario un antico bicchiere di cristallo colmo fino all’orlo della profumata  pozione magica.
Tanto per essere sicura.
Ed infine, semisdraiata, ancora una volta, sul morbido sofà, il mantello a terra come un tappeto di rose nere, lo attiro’ su di sé preparandosi felice a sperimentare fino in fondo il significato di Straordinario.
Carletto il Gufetto, sorpreso e scandalizzato , si copri’ gli occhioni ed il capino con una tenera ala e si addormento’.  



Marisa Cappelletti






  

mercoledì 27 gennaio 2016

27 Gennaio 1944

Il giorno della memoria
Il 27 gennaio, anniversario dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, ricorre la celebrazione del “giorno della memoria”, ricorrenza istituita dalla legge 20 luglio 2000, n. 211, in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico, dei deportati militari e politici italiani, russi, polacchi, cechi, jugoslavi, austriaci, zingari nei campi nazisti e di tutti coloro che si opposero al progetto di sterminio, proteggendo i perseguitati a rischio della propria vita. In occasione di tale giornata, come negli anni precedenti, la legge 211/2000 prevede che vengano organizzate iniziative volte a richiamare e custodire il ricordo, a favorire la meditazione e l’approfondimento, rinsaldando i legami tra le generazioni affinché, unite nella consapevolezza del passato, si impegnino ad evitarne gli errori, e a costruire un futuro di pace.

Auschwitz (Canzone del bambino nel vento)

Son morto che ero bambino
son morto con altri cento
passato per il camino
ed ora sono nel vento.
Ad Auschwitz c’era la neve
e il fumo saliva lento
nel freddo giorno d’inverno
e adesso sono nel vento.
Ad Auschwitz tante persone
ma un solo grande silenzio
è strano non ho imparato
a sorridere qui nel vento.
Io chiedo come può un uomo
uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni
in polvere qui nel vento.
Ma ancora tuona il cannone
ancora non è contenta
di sangue la belva umana
e ancora ci porta il vento.
Io chiedo quando sarà
che l’uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare
e il vento mai si poserà.
Ancora tuona il cannone
ancora non è contento
saremo sempre a milioni
in polvere qui nel vento.

Francesco Guccini


martedì 26 gennaio 2016

Aspettami!

Attesa

Aspettami alla fine della vita.

Non andare oltre il sogno
costruito al di là di questa realtà.

Aspettami dove inizia l'illusione.

Ma porta con te la speranza
di un piccolo squarcio di felicità.

Aspettami dove niente piu' brilla.

Nelle ombre di questo tramonto
riportami danzando alla tua verità.


Marisa Cappelletti
Dal mio libro Senza Paura Aletti Editore
2015





Si'. Cosi'.

Il tempo che verrà


Il tempo fa la storia
soltanto la memoria
ferma un istante
nella mente mia
Perché lui non aspetta
lui scorre lento e in fretta
non guarda indietro
passa e non si ferma mai
Non so se c’è una fine
né quanto ne rimane
quello che voglio
è provare a non buttarlo via
Pensando al mio passato
e a quello che ho sbagliato
io mi riprendo questa vita
e le occasioni che mi dà
senza nessun rimpianto
Il tempo che verrà
il tempo che verrà
il tempo che verrà
quanta altra vita ci darà
Il tempo che verrà
il tempo che verrà
se schiaffi o se carezze
cosa mi darà
Un’ora sembra un giorno
se aspetto il tuo ritorno
un giorno è un’ora
se tu sei vicino a me
e se si spezza il cuore
il tempo è guaritore
un fiume in piena
porta tutto via con se
Se mai farò un bilancio
di questo lungo viaggio
quello che spero
è di aver donato un po’ di me
Con gli occhi forse stanchi
e coi capelli bianchi
ci sarà tempo per quest’anima
che tempo non ne ha
che cerca eternità
rincorre gli anni miei
con tutti i giorni suoi
ma corre un po' più forte
se i miei sogni sono i tuoi
poi passa e se ne va
il tempo che verrà
se schiaffi o se carezze
cosa mi darà
il tempo che verrà
il tempo che verrà
il tempo che verrà… verrà.


Rosalba Pippa Giuseppe Anastasi Giuseppe Barbera








lunedì 25 gennaio 2016

Storie


Una vita non facile

Pensieri che si cercano
ricordi che ritornano
cuori che si sfiorano.
Dubbi.
Primavera sbagliata
illusoria esistenza
inutili speranze.
Errori.
Rumoroso silenzio
fantasmi d'abbracci
residui di vita.
Basta.
Pensieri gelati
mani lontane
orizzonti crollati.
Fine.

Fine.
Addio di una storia
che non è mai stata,
sfuggita al pensiero
di un attimo vuoto.
Ritorno.
Alla ragione di sempre
di un'esistenza opaca
senza balzi improvvisi
verso cieli piu' liberi.
Nostalgia.
Lacrime dolci per l'amaro
momento che portava
con sé un futuro rimpianto
di una inesistente felicità.
Sorriso.
Involontario riflesso di vita
che spinge per vedere la luce
ed illumina il giorno che nasce,
aleatoria promessa di felicità.


Marisa Cappelletti









domenica 24 gennaio 2016

Racconto per una sera di festa

Se volete, mettetevi comodi e preparatevi ad una storia inquietante che si svolge nella Milano di oggi.
E' un racconto pubblicato da Fabbri Editori nella collana Scrivere.
Le autrici sono Marisa Cappelletti cioé io e Paola Roela, valida e brava compagna di scrittura in questi ultimi anni su 20Lines, il piu' noto sito italiano per scrittori.

                                        Novecento rosso sangue


Milano, ore 00.00

Antonio era soddisfatto del suo lavoro. Controllare la tante sale del nuovo Museo del Novecento dopo la chiusura lo faceva sentire importante, responsabile di tutto quel patrimonio artistico. Ormai si prendeva la libertà di chiamare per nome i vari maestri che avevano lì esposte le loro opere, li sentiva vicini, ci era entrato in confidenza.
Era arrivato al secondo piano nella Sala Fontana, la sua preferita. La magnifica installazione luminosa faceva risaltare con discrezione i quadri in penombra e le vetrate si aprivano su una Piazza Duomo quasi deserta, resa magica dalla luce dei lampioni ottocenteschi e dalla leggera bruma che stava avanzando.

All’improvviso, mentre osservava le guglie del Duomo alla sua destra, la mente registrò in quella pace un’inquietudine palpabile e crescente, un’oppressione non spiegabile e, senza una ragione apparente, Antonio sentì tutto il sangue in circolo affluirgli al cervello, tingerlo di un rosso bollente e scoppiare violento e denso in pensieri di morte.
Urlando si lanciò con una potenza sovrumana contro i vetri blindati sfondandoli e precipitò sull’antico pavé della piazza tra l’indifferenza della folla assente.
La forza ignota ed estranea al luogo, causa ed effetto del furioso suicidio, andò a nascondersi quieta e per il momento appagata dietro uno dei Concetti Spaziali di Fontana concedendo alla nebbia di prendere possesso del luogo attraverso le vetrate infrante.

Anna era rimasta sconvolta dal suicidio di Antonio. Lo incontrava la sera: lui arrivava, lei lasciava il suo posto alla reception. Era sempre stato una persona allegra, educata, niente le avrebbe mai fatto supporre che dietro le apparenze ci fosse qualche cosa di così tragico.
La mattina in cui il suo corpo fu rinvenuto sotto il Museo, la Sala da cui si era lanciato, nonostante l'aria fredda fosse entrata per tutta la notte, fu inspiegabilmente trovata caldissima, come se un fuoco fosse arso lì per tutta la notte e nessuno seppe spiegare questa strana escursione termica. Anna aveva portato, con la collega Giulia, dei fiori davanti ai vetri infranti. Un ultimo gesto gentile per una brava persona. Ma si era sentita a disagio lì, come se qualcuno la stesse osservando con occhio malefico. Se ne era andata in fretta convinta di essere condizionata dalle circostanze.

Ora, nella sala monografica, stava passando davanti alla scultura di Martini. La inquietava sempre un po' quell'uomo che spingeva con tutta la sua forza quella lastra di granito. Guidata da mani invisibili si trovò davanti all'uomo di pietra ad osservare terrorizzata i suoi occhi rossi che la fissavano attraendola. Da sotto Giulia la chiamava, ma lei era completamente ipnotizzata da quello sguardo. Avanzò ed avanzò fino a quando con uno scatto improvviso i piedi della statua spinsero la lastra contro di lei. E la schiacciò al suolo come un vecchio giornale schiaccia una mosca molesta.
Quando Giulia raggiunse la sala Martini vide Anna a terra scomposta, irriconoscibile, immersa nel sangue, ed iniziò ad urlare.

Il sangue scorreva dai muri fino a terra: una cascata luccicante, un forte odore rugginoso, le statue si agitavano minacciose, un vento caldissimo, soffocante ed invisibile fischiava tra le pareti.
Giulia era diventata lei stessa una statua. Il terrore le paralizzava il corpo e la mente, la rendeva incapace di tutto!
Le statue si alzarono dai loro piedistalli e cominciarono ad avanzare con tonfi cadenzati, calpestando quel che rimaneva del corpo di Anna, verso la ragazza.
Le facce tutte uguali, stravolte da una espressione d'odio puro.
La disperazione, unita all'istinto di sopravvivenza, si fece strada nella mente della ragazza che iniziò ad indietreggiare verso le scale.
Quella sarabanda infernale non le lasciava un attimo di tregua. Il cervello impazzito riusciva solo a realizzare che doveva scappare.
Si girò di scatto, il piede scivolò sul sangue che ormai ricopriva tutta la stanza, i gradini parvero scomparire sotto di lei e Giulia precipitò in quello che le era parso un pozzo nero.
Sbattè violentemente il capo su ognuno di quei gradini ed alla fine rimase immobile ai piedi della scala.
Nella sala, ogni cosa al suo posto, tornò il silenzio.

Il giorno dopo, sul posto, giunse il Commissario Luigi Saviani, con il suo vice, Matteo Guidi e un'altra donna che presentò alla direttrice del Museo, Stefania Argenti, come una collaboratrice esterna delle forze di polizia. Il Commissario, nell'osservare la scena, si rese conto che si trattava di un'indagine complessa e che, suo malgrado, forse, la presenza della loro aiutante misteriosa, sarebbe stata utile. La donna, infatti, era una sensitiva, che, a volte, veniva utilizzata nei casi di sparizione ed effettivamente, in più di un'occasione, le sue indicazioni si erano rivelate utili, se non preziose. Quando era arrivata la chiamata per le due morti avvenute al Museo, la donna, presente durante la conversazione telefonica, aveva insistito per accompagnarli e alla fine, il Commissario aveva ceduto. Le aveva raccomandato, però, di tenere nascosta la sua identità e di non parlare con nessuno. Lei avrebbe solo dovuto cercare di capire cosa fosse successo quella notte e se vi fossero, all'interno del Museo, fenomeni paranormali.

Mentre la signora Stefania parlava animatamente con il Commissario, la sensitiva chiuse gli occhi, concentrandosi e cercando di percepire qualcosa. Immediatamente, avvertì una presenza malvagia. Inspirò a fondo, tentando di concentrarsi ulteriormente per saperne di più. Sentiva che si trattava di un'anima trapassata, piena di odio, di rancore, di invidia. Sì, soprattutto invidia era quella che avvertiva. Il risentimento di un pittore poco noto, nei confronti di altri artisti più famosi. Ed ora, quell'anima inquieta intendeva vendicarsi, non certo degli artisti, ormai passati a miglior vita, come lui, ma di coloro che li avevano preferiti a lui, anche nella cura e nella manutenzione delle loro opere. Come gli attuali addetti al Museo. E la sua ira, si sarebbe rivolta anche verso chi avrebbe osato ostacolarlo. "Siamo tutti in pericolo" disse la donna, aprendo gli occhi.

Il Commissario la fulminò con lo sguardo, evidentemente infastidito dal fatto che la sensitiva non avesse ubbidito alle sue direttive. La direttrice del Museo guardò, perplessa la donna e le chiese "In pericolo? Perchè? E come fa a saperlo?" poi rivolse il suo sguardo al poliziotto, come a chiedere se ci si potesse fidare di lei. "La signora non è autorizzata a parlare e non lo farà, non qui!" disse in tono autoritario, tentando di mascherare la rabbia. La sensitiva abbassò la testa ma sussurrò "Così lo sta aiutando" "Basta così!" intervenne il vice commissario "Lei può andare. Ci rivedremo in centrale fra un paio d'ore" "Se sarete ancora vivi" biascicò la donna tra i denti, e, senza proferire altro, lasciò la sala.

Il Commissario lanciò un'occhiata di apprezzamento al suo vice, ma la signora Stefania li incalzò "Forse c'è qualcosa che dovrei sapere, non vi pare? Ci sono stati tre morti nel giro di due giorni, qui dentro, e la vostra aiutante dice che potremmo morire tutti!" disse, aumentando, senza rendersene conto, il tono della voce.

Improvvisamente si levò un vento fortissimo, caldissimo e soffocante, che, senza che potessero resitere, li sospinse nella Sala Fontana. Qui l'installazione luminosa sembrava impazzita, i raggi di luce si rincorrevano in un vortice che appariva demoniaco. Il vento continuava a soffiare anche se, ora, i tre non ne sentivano il sibilo, nè il calore, ipnotizzati, dinanzi a quello spaventoso spettacolo di luce.
Di colpo, tutto si fermò. Il vento cessò e l'installazione luminosa tornò allo stato originale.

Il Commissario e la direttrice si riscossero dalla trance "Che diavolo è successo?" chiese, furioso, l'uomo, senza accorgersi che Matteo, il suo vice, ancora ipnotizzato, si stava dirigendo verso l'installazione luminosa. Prima che potesse fermarlo, Matteo raggiunse il centro, e lì, i raggi di luce, senza che emettesse alcun suono, tagliarono il suo corpo in quattro pezzi.
Saviani, pur abituato a fattacci e delitti, rimase immobile ed una paura senza nome né confine si impadronì di lui mentre i quattro pezzi del corpo del suo vice si agitavano ancora nel sangue.
L'Argenti impazzita di terrore gli si buttò addosso invischiandolo in un abbraccio che il commissario neppure avvertì.

Il vento caldissimo riprese a soffiare furioso e la vetrata panoramica, appena sostituita, scoppiò
lanciando milioni di frammenti di ogni dimensione nella sala e nella piazza.
I due furono infilzati in ogni parte del corpo da pezzi di vetro trasformati dall'esplosione in micidiali pugnali. Quattro lunghi frammenti penetrarono con precisione negli occhi dei poveretti, facendone scoppiare i bulbi. Le preziose tele presero a bruciare e, mentre il fuoco avvolgeva tutto in un abbraccio infernale, un urlo agghiacciante coprì le ultime grida delle vittime.
Le fiamme si propagarono per il museo, ruggendo corsero per le sale distruggendo tutto: quadri, sculture, oggetti rari e preziosi. Da Piazza del Duomo la polizia, i vigili del fuoco, resi impotenti dalla violenza e dalle dimensioni dell'incendio ed una folla impaurita e muta assistettero increduli all'infernale fine del Museo del Novecento.

Poco lontano, seduta su una panca della chiesa di Sant'Alessandro, la sensitiva cercava di entrare in contatto con quello che in quel momento era il Male: lo spirito devastato e devastante del pittore sconosciuto. Improvvisamente l'organo iniziò a suonare e sulle sue canne, diventate rosse come il sangue apparve una scritta nera e bruciante: ICH KOMME WIEDER.
Non era ancora finita.
                                      

                                                           Fine



Marisa Cappelletti e Paola Roela
2013 Scrivere Fabbri Editori







Ma esiste davvero?

Breve e semplice riflessione.

Vorrei scrivere, ma mi piacerebbe anche leggere, di un argomento così inflazionato che probabilmente resta ben poco da dire. Ma sono curiosa, molto, dell'opinione di altre persone , famose o no, su quanto segue:
-Esiste il grande amore?- Anzi il Grande Amore?
L'avete incontrato, fermato, inseguito, perso o mai incrociato?
Domanda ovvia, semplice, scontata? Ne siete proprio sicuri?
Naturalmente la mia idea ce l'ho e ben chiara, anche perché alla mia età sarebbe tragico non avere tre opinioni e qualche certezza.
Ma voi, voi giovani ed anche meno giovani, avete qualche cosa di straordinario da raccontare? Vorrei poter dissertare, capire o meglio ancora sognare.
Tutto sta, a mio parere, nella definizione soggettiva di Grande Amore (con le maiuscole, mi raccomando).
C'è il primo amore che tutti quanti abbiamo pensato fosse il grande, fino a che non lo abbiamo sostituito con un altro che subito ci è sembrato leggermente piu' grande, fino a che ne è subentrato un altro grandissimo e poi un altro ancora... eccetera.
E poi tutto è soggettivo.
Per me il grande amore puo' essere quello che mi dà sicurezza, mi tranquillizza, mi fa sentire protetta, mi sa amare.
 Per un altro è la passione travolgente, il fascino, l'insicurezza. C'é chi propende per il mistero, le cose non dette, le lontananze improvvise e chi piu' soffre piu' è convinto di essere di fronte all'amore assoluto, perché, secondo lui o lei,  solo soffrendo si ama.
Ci sono conclusioni possibili? Tutte e nessuna, come sempre.
So soltanto che comunque sia, comunque lo si intenda se è il Grande Amore ce ne accorgiamo, eccome se ce ne accorgiamo!

Marisa Cappelletti






sabato 23 gennaio 2016

Sono io

Pensieri


Tanti.
Si rincorrono si accavallano
bruciano e si perdono.
S'abbracciano e si piacciono,
si rifiutano e si scacciano.
Troppi.
Si scontrano e s'arrabbiano
si colorano e poi stingono.
Rimbalzano e gridano,
sognano e s'illudono.
Unici.
Si formano e si sfaldano
fioriscono e poi seccano.
Si sorprendono ed inventano
poi s'acquietano e rimangono.
Con me.

Marisa Cappelletti







Saturday Night's alright


(for fighting)

Elton John & Anastacia








venerdì 22 gennaio 2016

Stati d'animo


Oggi per me è una bella giornata, una giornata di sole, una giornata d'attesa.
Oggi sono felice.
Perché si', perché qualche cosa di importante ritorna, perché basta un solo attimo
per scoprire la felicità!


Marisa

Nella sabbia

La vita continua, deve continuare.


Ho cercato il posto
ed ho trovato il mare.
Ho scavato buche
nella sabbia bagnata
e sono rimasta a guardare
la cattiveria che cadeva
l'invidia che inciampava
l'ignoranza che moriva
il mare che avanzava.
Ho coperto le fosse.
Ho continuato a vivere.

Marisa Cappelletti




giovedì 21 gennaio 2016

Difetti

Imperfezioni



La tua imperfezione mi affascina, la mia ti sa stupire.
Ci siamo ritrovati cosi': anime imperfette in cerca di
una minima perfezione che ci potesse aiutare a riprendere
il tempo buttato e perduto in esistenze piu' che imperfette.
Lo scontro ha saputo placarsi trasformandosi in incontro
di cuori, superando le loro imperfezioni per riprendersi la vita.
Amo i tuoi tanti difetti come tu sai amare i miei.
Umane imperfezioni, per noi semplicemente perfette.


Marisa Cappelletti




mercoledì 20 gennaio 2016

Metaforicamente...

                                                           
Uccidimi!
Uccidimi
con il vento che soffia 
il gelo dentro me.

Con l'indifferenza che stringe
e soffoca i pensieri.

Con l'abbandono crudele
che mi porta lontano.

Uccidimi
lentamente e con dolcezza.
Concedimi un'ultima illusione. 


Marisa Cappelletti
Dal mio libro Senza Paura
Aletti Editore






Nostalgia di primavera

Profumi


La zagara bianca
nel maggio e nel sole
profuma di te.


Marisa Cappelletti






martedì 19 gennaio 2016

Alla Milanese

Un dessert?
El mascarpun
Crema di mascarpone

E’ una ricetta milanese o lodigiana? Impossibile dirlo, sebbene il mascarpone sia un formaggio tipico del lodigiano, ma lo scambio alimentare  fra Lodi e Milano è stato così intenso che è difficile dire quale è stata la mano che per prima mescolò uova, mascarpone e li­quore.

Ingredienti per 4 persone:  200 g. di mascarpone; 2 tuorli d’uovo; 4 cucchiai di zuc­chero; una tazzina di caffè ristretto freddo; un bicchierino di rum.
 Sbattete in una terrina con un cucchiaio di legno i tuorli con lo zuc­chero finché non saranno diventati spumosi, aggiungete il mascar­pone ed il rum, sempre rimescolando, il caffè freddo e quindi gli al­bumi montati a neve, in­corporandoli, muovendo il cucchiaio dall’alto in basso. Mettete la crema in una coppa da macedonia e mettetela in frigo qualche ora.

Si serve con pa­sticceria secca.

E se siete dei provetti pasticceri potreste cimentarvi con il dolce tipico di Milano

El panetun 
Panettone

Sulle sue origini si è detto tutto e di più. Ormai la leggenda sorpassa e mette a tacere qualunque racconto con pretese di storicità. Resta solo da dire che il panettone, più di qualsiasi altro alimento o ri­cetta, si identifica con Milano.

Ingredienti per un panettone casalingo di oltre un kilo:  600 g. di farina, 150 g. di zucchero, 20 g. di lievito di birra,  180 g. di burro, 6 uova, 25 cl. di latte, 100 g. di uva passa, 20 g. di cedro candito, 20 g. di arancia candita, un pizzico di sale.

La sera prima, sciogliere il lievito di birra in circa 30 g. di farina e il latte tiepido. Coprire l'impasto con un panno e lasciarlo lievitare, in un luogo asciutto e caldo, per tutta la notte.Il giorno dopo lavorare l'impasto a lungo con 100 gr. di farina e qualche goccia di acqua tiepida; poi coprirlo con un tovagliolo e farlo lievitare vicino ad una sorgente di calore per circa 2 ore. Ripetere l'operazione usando altri 100 gr. di farina e aggiungendo un poco d’ acqua tiepida per rendere l'impasto elastico. Farlo lievitare per circa 3 ore.Nel frattempo far rinvenire l'uvetta in acqua tiepida.Poco prima di riprendere l'impasto far sciogliere il burro in un tegamino su fiamma molto bassa, evi­tando assolutamente che frigga; quindi sciogliere anche lo zucchero e un pizzico di sale in poca acqua, sempre su fiamma molto bassa, ag­giungendo, lontano dal fuoco, 2 uova intere ed i bianchi di altre quattro. Imburrare una pirofila da forno alta e stretta. Lavorare di nuovo l’impasto con il resto della farina aggiungendo, poco alla volta, il burro sciolto e il miscuglio di zucchero e uova, aggiungendo, infine, anche le uvette, ben strizzate e i cubetti di frutta candita. Mettere il composto nella pirofila, coprirlo con un panno, e lasciarlo lievitare per circa 3 ore.Portare il forno a 180°. Mettere il dolce in forno e farlo cuocere fino a quando la superficie è diventata scura e croccante.

Potrete guarnirlo ed anche farcirlo con la deliziosa crema di mascarpone.


Marisa Cappelletti



lunedì 18 gennaio 2016

Chi non ha mai avuto anche un solo rimpianto?



E mi parlerai

E mi parlerai del tempo
Che ci ha dimenticati
Sospesi nell’immobilità
Di vite mai vissute.

E ti ricorderai di parole
Che non ci sono note
Sepolte dentro di noi
Per paure mai affrontate.

E maledirai quel vento
Che altrove ha trasportato
I mie ed i tuoi semi
Di esistenze mai cercate.

E piangerai le lacrime
Che non sapevi gelide
Di un passato abbandonato
In lande mai esistite.

E mi stringerai di nuovo
In un abbraccio vuoto
Di corpi ormai lasciati
A demoni mai sconfitti.

E mi scriverai di noi
di  due punti tracciati
sulle infinite righe
dell’esistenza umana
che per un’ultima volta
una volta soltanto
hanno varcato la soglia
di un eden sconosciuto.



Marisa Cappelletti


domenica 17 gennaio 2016

Domenica, ancora!


Domenica lunatica
Vasco Rossi live






Domenica


Domenica saremo insieme, cinque, sei ore, 
troppo poco per parlare, abbastanza per tacere,
per tenerci per mano, per guardarci negli occhi.

Franz Kafka







Alla Milanese

Un piatto unico per la Domenica
Risott a la milanesa cun l'oss bus
Risotto alla milanese e ossobuco

E’ in realtà un piatto unico che racchiude insieme due dei capisaldi della cucina milanese: il risotto giallo e l’ossobuco con la gremo­lada, cioè la salsa o sugo storico con il quale si accompagnano tanti piatti di carne.

Ingredienti per 4 persone.  Per il risotto: 500 g. di riso arborio; 200 g. di burro; 30 g. di midollo di bue;  una cipolla piccola; una bustina di zafferano; un bic­chiere di vino bianco, brodo quanto occorre; 160 g. di parmigiano.

Per gli ossibuchi: 4 ossibuchi spessi e magri; un trito di cipolla, carota e sedano; 130 g. di burro;  una scorza di limone, uno spicchio d’aglio, maggiorana; un bicchiere di vino bianco; una manciata di farina.

Il risotto si prepara facendo soffriggere molto lentamente il trito di cipolla insieme al midollo di bue in circa 100 grammi di burro, quando la cipolla accenna ad imbiondire si aggiunge il vino bianco e il riso  e quando il vino è evaporato del tutto si versa lo zafferano mescolando con energia il riso af­finché si distribuisca uniforme­mente. Si aggiunge  progressivamente il brodo mescolando in conti­nuazione fino a cottura al dente. Si aggiunge al­lora il formaggio parmigiano e il resto del burro, lasciando mantecare per un paio di minuti. Si versa quindi nei piatti, ponendo sopra ogni porzione un os­sobuco con un cucchiaio del suo sugo.

L’ossobuco si prepara in questo modo: si infarinano gli ossibuchi e si met­tono a friggere in circa 80 grammi di burro. Come le verdure e la carne co­minciano a rosolarsi si aggiunge il vino bianco, quindi, evaporato il vino, si copre la carne con il brodo e si lascia cuocere a fuoco medio per circa un’ora e mezza a casseruola chiusa col suo co­perchio, badando che la farina e le carni non si attacchino sul fondo. A cottura quasi ultimata si aggiunge un trito di aglio, scorza di limone e maggiorana e si finisce a cottura.

Ma anche se vi va di cucinare


La casoeula
Cassoeula alla milanese

Piatto tipicamente lombardo, non c’è paese che non lo consumi e non ne abbia una ricetta tutta sua. La differenza fondamentale, fra le diverse interpretazioni, è la consistenza. A Milano non si ammette che il sugo sia una brodazza dove galleggiano verdure e pezzi di carne. L’insieme deve presentarsi bello compatto, morbido e asciutto.

Ingredienti per 4 persone: 250 gr. cotenne di maiale pulite, raschiate e lavate; 400 gr. lu­ganega (salsiccia); 800 gr. costine di maiale;  4 salamini "de verz"; 500 gr. carote; 500 gr. sedano; 2 piedini di maiale puliti, raschiati e lavati; 1 orecchia di maiale pulita, raschiata e lavata; 1.800 gr. verze; un bicchiere vino bianco secco; 30 gr. passato di pomodoro; 1 cipolla media; 1 cucchiaino olio extravergine d'oliva; 1 noce di burro; sale, pepe quanto basta.

Far bollire per almeno un'ora, in una pentola in acqua bollente, i pie­dini di maiale tagliati a metà, le cotenne e le orecchie. In un casse­ruola grande mettere il burro, aggiungere l'olio, far soffriggere la ci­polla affettata a fet­tine sottili e lasciarla appassire. Successivamente aggiungere nella casse­ruola le costine di maiale, la luganega tagliata a  pezzetti ed i salamini. Cuocere facendo rosolare bene le carni a fuoco vivace. Versare il vino bianco e farlo sfumare. Affettare se­dano e carote e metterli nella casseruola dalla quale sono state pre­ventivamente tolte le carni. Aggiungere un me­stolo d'acqua e la pas­sata di pomodoro, mettere il sale ed il pepe e rimesco­lare il tutto con un cucchiaio di legno. Mettere il coperchio e lasciare sul fuoco molto basso, stare attenti a che non si attacchi sul fondo.  A parte pu­lire la verza, tagliarla a strisce e cuocerla a fuoco basso in una  pentola co­perta con pochissima acqua finchè non si appassisce. Metterla quindi nella casseruola grande mescolandola alle carote, al sedano e alle ci­polle. Tagliare a piccole strisce le orecchie e le cotenne e mettere tutta la carne sulla verdura nella casseruola. Mettere il coperchio alla casseruola e far cuocere a fuoco moderato per oltre un'ora aggiun­gendo, quando il caso, acqua. Servire ben caldo.

Dopo piatti cosi' consiglio un buon digestivo!


Marisa Cappelletti








sabato 16 gennaio 2016

Sabato

E' ancora e sempre sabato!

Jovanotti,  Milano stadio di San Siro 2015





La casa

Un po' di me
Pensavo di averla trovata una casa da vivere.
E' crollata per una furiosa tempesta arrivata
senza colpe né preavviso portandosi via tutto
ciò che avevo nel cuore, lasciandomi nuda
a guardare le vite scorrere al di là del muro
alzato in difesa di quello che non possedevo.
Non ho più cercato una casa da abitare.
Ho trovato un castello in cui sono regina,
un fuoco rimasto a covare sotto una brace
mai spenta. Un soffio leggero lo ha fatto
rinascere per poter riscaldare la voragine vuota
che avevo dentro. Tu sei la mia casa il mio re
le mie mura, la sedia su cui riposare, il tetto
che mi ripara da fulmini di temporali passati.
La finestra aperta al sole che mi sa ancora scaldare.


Marisa Cappelletti





venerdì 15 gennaio 2016

Alla Milanese

Un primo piatto di una semplicità assoluta, ma veramente buono!


El risott cun el buter

Risotto al burro
Un piatto elementare, eppure squisito. Solo riso, burro, formaggio grana o parmigiano, un bicchiere di vino bianco, cipolla trita, brodo.


Si soffrigge la cipolla in 50 gr. di burro e quando imbiondisce la si unisce a 400 gr. di riso arborio. Non appena il riso ha assorbito il burro del soffritto si versa il vino bianco e si lascia evaporare. Si cuoce unendo il brodo a me­stoli e mescolando in continuazione il riso. Quando è al dente, si spegne il fuoco si aggiunge 80 gr. di burro e un etto di grana, si mescola e si la­scia ri­posare per un paio di mi­nuti. Immediatamente dopo si versa nei piatti caldissimo.



Marisa Cappelletti

giovedì 14 gennaio 2016

Alla Milanese

Non sono una brava cuoca e non ho ricette particolari da regalare né suggerimenti da dispensare, ma sono una delle poche milanesi rimaste e vorrei raccontare i piatti tipici e tradizionali della mia città.
Inizio da un antipasto che non viene piu' presentato, nemmeno sulle tavole dei ristoranti:

I nervitt


I Nervetti

E’ il più classico degli antipasti milanesi, fatta eccezione per i salumi, che evidentemente non sono un piatto da preparare, ma solo da servire.

Si fanno bollire 500 grammi di nervetti di manzo, li si lascia raffreddare e li si mescola, tagliati a striscioline, a fagioli bianchi  di Spa­gna, fettine di cipolla dolce, sedano fresco. Si condisce il tutto con olio d’oliva, aceto di vino rosso, sale, pepe nero.

Provateli: semplici, non raffinati, ma estremamente gustosi!


Marisa Cappelletti



martedì 12 gennaio 2016

12 Gennaio 19..

Sono nata la prima ora del giorno di un lontano gennaio del secolo scorso.
Nevicava fortissimo e le strade erano impraticabili. Papà chiamo' i suoi colleghi Vigili del Fuoco e la mamma arrivo' con me, che volevo nascere subito, a bordo di un'auto rosso fuoco con sirena spiegata.
Sono venuta al mondo cosi': circondata dall'affetto dei miei genitori e del Corpo dei Vigili del Fuoco.
E poi sono passati gli anni,  tutto è cambiato, avvenuto, passato, fuggito tornato.
Che é successo? Mi é successa la vita!!

Marisa Cappelletti






lunedì 11 gennaio 2016

Goodbye



11 gen 2016





Senza titolo

Questo é per me, per me sola, per domani e per il tempo che verrà.

Ho ancora il domani.
Fortunatamente posso ancora vivere, pensare, amare:
la speranza é la mia compagna, anche quando si allontana.
La felicità é una condizione che posso raggiungere ancora
mi basta la soddisfazione delle piccole cose, dei piccoli desideri.
Conto su me stessa e sulla mia forza di volontà nell'oggi e nel domani
perché, anche se breve, avrò ancora un futuro e tanta curiosità di viverlo.
La sera leggo scrivo, penso e, anche alla mia età, sogno rimanendo sveglia,
mi vizio con cioccolatini e liquirizia scambio pensieri con amici lontani.
La notte mi perdo nel silenzio che mi tranquillizza, a volte mi sussurra
di cose tragiche e bellissime accadute, passate e lontane nel tempo
La notte mi appartiene e mi regala dolcezza e pensieri liberi
dagli stretti lacci dei doveri e degli impegni di ogni giorno.
E l'ultimo pensiero va a chi sa di essere anche il primo
di quel domani che mi attende e che aspetto.
Ho ancora la vita.

Marisa Cappelletti







domenica 10 gennaio 2016

Ancora Domenica!

Alcuni aforismi su questa giornata di festa e riposo:


Buongiorno. Visto che è domenica mi avvalgo della facoltà di non svegliarmi.
(Peanuts)

Se volete che il mondo intero venga a bussare alla vostra porta, provate a fare un pisolino la domenica pomeriggio.
(Sam Ewing)

 Sono milioni quelli che desiderano l’immortalità, e poi non sanno che fare la domenica pomeriggio se piove.
(Susan Ertz)


La domenica è fatta per mangiare tardi,
dormire tutto il giorno,
e lamentarsi che domani è Lunedì.
(Mafalda)


Recandosi la domenica in un centro commerciale si può assistere al naufragio dell’umanità.
(Piero Trabucchi)


Ottimista è chi dice: “Domani è domenica”; pessimista chi dice: “Dopodomani è lunedi”.
(Gustave Flaubert).

E buona Domenica!

Marisa Cappelletti




sabato 9 gennaio 2016

Nella tempesta della vita

Pirati




Le vele dispiegate quando s'alza il vento,
il sole che ci brucia, ma ormai non lo sentiamo.
Sudore lacrime e sangue sulla rotta della vita,
una pinta di rum e tutto ricomincia.
Stringiamo i denti aguzzi affilando i coltelli
aspettando la battaglia che inesorabile avanza.
Sudore lacrime e sangue nella guerra della vita,
una pinta di rum e tutto ricomincia.

Marisa Cappeletti

venerdì 8 gennaio 2016

Anno nuovo vita nuova

Seguendo un suggerimento di uno dei miei autori , cantanti e cantautori preferiti...


Via con me di Paolo Conte







mercoledì 6 gennaio 2016

Buona ultima festa!

L'Epifania

Finalmente i Re Magi hanno trovato la strada e, in ritardo come ogni anno, sono arrivati a Betlemme!

I Re Magi
Una luce vermiglia
risplende nella pia
notte e si spande via
per miglia e miglia e miglia.
O nova meraviglia!
O fiore di Maria!
Passa la melodia
e la terra s’ingiglia.
Cantano tra il fischiare
del vento per le forre,
i biondi angeli in coro;
ed ecco Baldassarre
Gaspare e Melchiorre,
con mirra, incenso ed oro.

Gabriele D'Annunzio



La signora Befana, come d'uso, ha distribuito dolci e gli ultimi ritardatari regali a tutti i bambini buoni, lasciando solo carbone ai cattivi. Ma, poiché è una simpatica signora, il carbone era di zucchero! Ora, dopo una abbondante e meritata colazione sta riposando su un soffice letto di nuvole bianche circondata dalle sue personali filastrocche.


Arriva la Befana

La befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte…
Vien dal cielo con la scopa
e sui tetti pian si posa,
e poi scende lesta lesta
dai camini con la cesta.
La befana é una vecchietta
un po’ brutta poveretta,
ma ai bambini poco importa
se la cesta é colma colma
tutta piena di regali, dolci, treni,
bamboline per riempire le calzine.
La befana con la cesta
cerca, cerca la calzetta
e soltanto ai bimbi buoni
lei ci mette tanti doni
ma a chi é stato un po’ birbone,
lei la colma con carbone.
La befana é già sul tetto
presto bimbi tutti a letto!
Lasciam sola la vecchietta
a riempire la calzetta,
che doman di buon mattino
scopriremo il regalino!


E noi?
Beh, eccoci qua, come ogni mattina di ogni anno: pronti per il lavoro che abbiamo, che avremo o che speriamo di trovare, con l'illusione che questo 2016 sarà l'anno del cambiamento, che saremo piu' ricchi, piu' felici, piu' buoni, piu'... come  tutti gli inizi di tutti gli anni passati.

Uomini

Trovarsi per riuscire a perdersi
perdersi dopo essersi ritrovati.
Questa é la nostra condanna
ma anche la certa salvezza.
Solo cosi' riusciamo a sentirci vivi
ad essere quello che siamo:
solo e null'altro che uomini.

Marisa Cappelletti

Auguri!