domenica 7 ottobre 2018

Ed a proposito di racconti milanesi

Anche questa è Milano!

Ieri sera dovevo partecipare, in un locale tipico milanese dalle parti di Viale Monza, alla presentazione di un libro.
Non conosco né il nome dell’autore né il titolo del libro e me ne dispiaccio, ma dovevo solo vedere il posto e rendermi conto di come il distributore della Casa Editrice che mi ha pubblicata presenta i libri.
Sono uscita da casa, con altre persone, alle 18, 15, convinti tutti che ce l’avremmo fatta benissimo per le 19.
Illusi!
Non abbiamo tenuto conto del traffico, ma soprattutto del traffico del sabato sera! Ma dove vanno tutti il sabato sera?
Mi sono trovata immersa in un fiume fermo di auto disciplinatamente (noi a Milano siamo cosi’: guidatori di solito disciplinati e rispettosi di semafori, divieti ed altre piacevolezze) in attesa di fare un…passo avanti dopo l’altro.
Ho potuto cosi’ apprezzare con tutta la calma possibile,  una Città immersa, oltre che nello smog, nella luce magica dell’inizio serata, scintillante delle mille luci di vetrine e palazzi, animata da una marea inarrestabile di persone di ogni età e razza che camminavano, attraversavano, parlavano, ridevano, si cercavano. In fondo non c’era alcun bisogno di altro: lo spettacolo era tutto li’ nei viali e nelle vie di Milano.
Il Corso piu’ lungo d’Europa, Corso Buenos Ayres, era come una gran dama vestita da sera,  adornata da mille diamanti che, trasformati in vetrine, lucevano di mille colori, i rumori del traffico attutiti dai finestrini chiusi dell’auto  non disturbavano lo spettacolo.
Certo, poi ci sono sempre gli inconvenienti anche nelle migliori rappresentazioni: ci siamo persi nei meandri di una periferia non proprio tranquilla e per niente sicura.
Abbiamo costeggiato gli antichi docks  di Via Ferrante Aporti, tutti ormai chiusi da tempo,  i muri  trasformati in tele imbrattate da mille writers  disperati, la strada sporca di tutto, i ponti sotto la ferrovia che è meglio, molto meglio non frequentare, le strade deserte dietro Viale Padova,  la paura che l’auto si potesse fermare in questo novello inferno metropolitano.
Fortunatamente non si è fermata e siamo riusciti a tornare su Viale Monza, rinunciando per sempre al localino tipico ed alla presentazione informale ed alternativa. Di alternativo ne avevamo già avuto a sufficienza.
E cosi’,  ancora immersi nel fiume immobile di auto pazienti (ma poi quando arrivano a destinazione, dove mai vanno a parcheggiare tutti quanti?), abbiamo preso la coraggiosa decisione di andare in un locale dalle parti di Piazza Sant’Ambrogio.  Ma, se non è serata non è serata,  passando davanti al Museo della Scienza e della Tecnologia abbiamo dovuto fermarci perché da un inquietante e gigantesco tir tutto nero stavano scaricando qualche cosa di evidentemente prezioso (forse opere d’arte, quadri o chissà cosa), infatti la via era ingombra di guardie armate piu’ inquietanti del tir!  Riusciti poi a passare, sorpresa: in Sant’Ambrogio non si va perché è tutto transennato per qualche lavoro misterioso, dunque giro a vuoto e, indovinate? Altra full immersion nel fiume di auto.
Alle 22 circa abbiamo deciso che non tentavamo nemmeno la via dei Navigli perché li’, la sera, sia sul Naviglio Grande che su quello Pavese, non è possibile, data l’enorme frequentazione, parcheggiare né figuriamoci poi cenare.
Ci siamo ritrovati alle 22,30 seduti intorno al tavolo di un ristorantino sotto casa di una persona del gruppo, a pochi metri di distanza dalle nostre abitazioni.
E’ stata un’avventura che io ho trovato comunque piacevole, se si escludono il mal di schiena per la seduta troppo lunga in auto, le code interminabili, le ambulanze che sfrecciano, i sensi vietati, i quartieri pericolosi.
Concludendo:  
-Che hai fatto sabato sera?-
-Sono uscita in auto!-
E niente fu mai piu’ vero di questo.


Marisa Cappelletti



Lassa pur ch'el mund el disa




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