Un giorno qualunque
Il mio paese é un piccolo comune con case antiche
raggruppate a casaccio sulla scogliera che sovrasta un mare oggi scontroso,
circondato dal violetto della lavanda e dall'argento degli ulivi, profumato di
fiori e salsedine, insomma quasi un paradiso chiuso nella sua modestia.
Il mio rifugio nelle giornate di primavera, quando i turisti
se ne stanno ancora a casa loro ed é possibile sedersi al tavolino di uno dei
due bar e bere un cappuccino di quelli che solo Celeste sa fare.
Oggi é una di quelle giornate. Me ne sto qui a rimuginare
sul mio mestiere di giornalista di cronaca per il giornale del comprensorio.
Cronaca si fa per dire: qui non succede mai nulla, al massimo una lite tra
vicini per i confini dell'orto, una caduta dalla bicicletta, il Sindaco che
premia il tema più bello della scuola elementare.
Dovrei andarmene, cercare altrove la soddisfazione di
articoli scritti per quotidiani importanti, respirare lo smog della grande
città, uscire da una indaffaratissima redazione per andare a caccia di notizie
da raccontare a migliaia di lettori. Dovrei.
Ma il mio legame con questa terra mi tiene ancorato qui, con
le mie sicurezze da provinciale ed il profumo del pesto appena fatto.
-Giovanotto, o giovanotto, posso accomodarmi costì?-
Una voce imperiosa abituata a far valere le proprie ragioni,
mi scuote dai miei pensieri.
- Prego signora, si accomodi, é un piacere avere compagnia!
-
- La Celeste m'ha detto che tu sei un giornalista. E' vero?
-
Ma perché mai Celeste, di solito così schiva, oggi ha deciso
di non farsi gli affari suoi?
Affascinante la signora, anche se non più giovanissima:
cappello con ampia tesa, occhiali enormi, rossetto rosso, sigaretta tra le
dita.
- Si dovrei. Nel senso che lavoro per il giornale locale ma
ho sempre ben poco da raccontare! -
- Un reporter deve sempre raccontare anche il fatto più
banale con parole coinvolgenti, deve saper interessare il lettore, creare
l'atmosfera, trascinare le persone con sè dentro la storia! -
E già, come le coinvolgi nell'allagamento della cantina del
Giobatta che ha dimenticato il rubinetto aperto dopo aver sciacquato le
bottiglie per il vino nuovo?
- Beh, certo lei ha ragione ma vede in un paesino come
questo la vita del giornalista é davvero dura. Riempire due colonne ogni
mattina sarebbe il mio sogno ma...-
- La vita dura é quando devi scrivere sotto le bombe
americane che non guardano in faccia nessuno! Scappare dalla strada in cui
stavi passando perchè sparano ad altezza d'uomo e chi c'é c'é, vedere morire
bambini bruciati dal napalm, non poter chiudere gli occhi davanti all'inferno
che ti circonda, voltarti e trovare l'operatore che ti accompagnava
bucherellato da proiettili vaganti! -
Accidenti, si stava arrabbiando di brutto la tizia! Ma di
cosa stava parlando? Il napalm? Lo avevano usato nella guerra del Vietnam,
ormai finita da decenni, stava farneticando la mora. Intanto si era accesa
un'altra sigaretta ed aveva bevuto il mio cappuccino.
Incurante del libeccio che si era alzato frugava nella borsa
enorme in cerca di chissà che cosa.
- Scusi signora, lei è stata un medico di Senza Frontiere?
Potremmo parlarne, farne un bell'articolo -
Oh l'era proprio tonto 'sto ragazzo!
- Sì senza frontiere, ma non medico. Io l'ho girato tutto il
pianeta e tutto e tutti ho visto. Ho parlato con presidenti e farabutti, che a
volte non ci corre una gran differenza, donne che hanno saputo guidare paesi
con polso fermo e sguardo lungimirante, uomini che hanno sognato la pace e
l'uguaglianza. Ho visto morire il mio uomo in un incidente provocato e non l'ho
potuto o forse saputo vendicare, ho tolto il velo impostomi davanti ad un
oppressore fanatico che ha aperto la strada a quel terrorismo che sta
implacabilmente avanzando. Chissà che mi toccherà vedere in un prossimo futuro,
magari un attacco in grande stile a New York! -
Porca miseria, questa é completamente pazza!
- La vita l'é dura qui, dice! Puah! -
Estrae un pacchetto nuovo di sigarette dal borsone, se ne
accende un'altra, guarda dentro la tazza vuota, sbuffa e si alza di scatto-
- Me ne vado, giovane. Penso che per domani le tue due
colonne te le sei aggiudicate. -
Fa due passi, poi si volta, abbassa gli occhiali, mi fissa
come se volesse uccidermi e sbotta:
- Oriana, ricordati ragazzo, mi chiamo Oriana! -
Dal mio libro " Piccoli racconti e pensieri liberi per un breve viaggio"
Marisa Cappelletti