Dalla parte del manico
Terza ed ultima puntata
L’acqua è gelida e
gorgoglia come il sangue che esce a zampillo da una vena appena recisa. Allunga
la mano che tiene stretto il coltello ma, invece di lasciarsi pulire,
improvvisamente la Lama scatta alla gola: un bel taglio netto e profondo da
orecchio ad orecchio, l’ultimo sorriso di un povero ladro senza speranza.
L’uomo cade ai piedi
della fontana e lì resta, carnefice senza corpo né anima, fino a che un ragazzo
che sta rincasando scorge il cadavere con la gola che ride.
Fa un balzo, lancia un
urlo e con un calcio la getta, senza accorgersi di nulla, nel tombino lì
accanto.
La Lama precipita nel buio ed atterra sul
cemento della galleria vicino ad un topo grosso come un gatto, che scappa via
squittendo.
Una scia di aria calda, un rumore assordante
ed il treno della metropolitana passa e scompare. Il tunnel si anima e quel
popolo sconosciuto ai più che lì sotto si agita ricomincia la sua esistenza
fatta di poca aria maleodorante, di vino scadente e di interminabili liti per
un pezzo di stoffa bucato od un cartone asciutto.
Un essere senza sesso
la raccoglie.
Un altro fantasma
puzzolente lo vede tenere in mano il coltello e lo vuole, deve averlo, costi
quel che costi.
Un fendente parte dal
basso ventre e risale su, fino allo sterno Un grido, uno squarcio da cui
fuoriesce l’intestino insieme ad un fetore infernale, un tonfo ed è tutto
finito.
L’essere asessuato si
guarda inebetito il braccio sporco di sangue e budella, lascia cadere la Lama e corre via lontano, la
mente ancora piu’ sconvolta di quanto
già non sia.
Il manico in gomma
scuro rimbalza sul pavimento del tunnel, liberando il coltello dalle interiora
umane di cui si è ricoperto e finisce ai piedi di un uomo infagottato in due
cappotti luridi.
Incurante del cadavere
ripiegato su sé stesso che giace a due passi di distanza, raccoglie la Lama, la
pulisce sul davanti del cappotto, la infila nella manica e scappa via veloce
quel tanto che l’età e le privazioni gli
permettono.
Sale su, la’ dove le
persone vanno e vengono da case, ambienti di lavoro, caffè e ristoranti, svelto
esce all’aperto respirando l’aria per lui e solo per lui, pulita e fresca.
Sul marciapiede di
fronte c’è lo squallido banco dei pegni a cui si rivolgono, quando riescono a
rubare qualche cosa, i disperati che vivono sulle strade intorno ed anche
quella fauna sotterranea a cui appartiene l’uomo dai due cappotti.
La Lama, magnanima e disinteressata, gli
permette di continuare ad esistere così lui ritira i quattro spiccioli ottenuti
e la abbandona sul bancone del negozio.
In attesa.
Una donna grigia
nonostante la giovane età entra tirandosi appresso un bimbetto che frigna ed
urta involontariamente due cappotti, che la insulta.
Indifferente, lei
avanza stringendo una borsa senza forma in cui ha riposto una collana d’argento
rubata alla donna che assiste ogni giorno in cambio di modi sgarbati e pochi
soldi.
Mentre la madre
contratta il figlio gironzola curioso in quello squallore.
C’è poco da vedere, ma
la Lama dimenticata là in fondo, gli sorride e lo lusinga emettendo un lampo
d’acciaio. Il ragazzino, abbandonato a sé stesso, si avvicina e la sfiora con
un dito.
Tra i due si stabilisce
un contatto, come quell’attrazione fatale che si crea tra un palato goloso ed
una fetta di torta al cioccolato.
Il bimbetto sorride
immaginando battaglie con orribili mostri alieni e duelli con cavalieri neri,
mentre furtivo allunga la mano verso di Lei.
La madre continua a
discutere con l’uomo dietro lo sportello e non si cura di lui.
Il proprietario del
negozio non l’ha nemmeno visto entrare.
E’ solo con la Lama. E’
un momento sospeso, il loro momento.
“Vieni piccolo, non
avere paura, vieni da me”
E' come la voce della
mamma quando lo mette a letto la sera e gli racconta una breve storia per farlo
addormentare: dolce come nessuna, piena di amore.
Ha il profumo buono
della mamma.
“Prendimi, vedrai che
bei giochi potrai fare con me, sarò la tua compagna fedele, colei che ti proteggerà,
che racconterà favole mai raccontate, che ti farà vivere avventure mai vissute,
saro’ l’amica che vorresti tanto avere, quella che ti starà sempre vicino”.
Il bambino esita, non
sa, forse non dovrebbe, ma Lei è li’ disponibile e bellissima.
“Prendimi piccolo e
portami a casa con te. Vedrai, sarà fantastico.”
E poi, in un sussurro:
“Cominceremo da
mammina…”
FINE
Marisa Cappelletti