domenica 29 settembre 2019

Vieni a rapirmi...

Un'anima ferita


«Ho la sensazione di durare troppo, di non riuscire a spegnermi: come tutti i vecchi le mie radici stentano a mollare la terra. Ma del resto dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita.»

(Alda Merini, La pazza della porta accanto)

Tutti quei riflettori (non sempre rispettosi, tutte quelle luci perennemente accese su di lei da un lato hanno permesso alla sua poesia di raggiungere migliaia di non addetti ai lavori poetici,  e all’affetto del pubblico di raggiungere lei, che di crediti ne aveva non pochi (“ho mille tramonti alle mie spalle”), dall’altro, trasformando maldestramente in poesie e libretti ogni sua parola, hanno inquinato il campa e accresciuto la già malcelata diffidenza degli intellettuali nei suoi confronti: ogni animale all’incontro con una specie anche leggermente diversa arretra di un passo, diffida.
Viviane Lamarque

Li’ sui Navigli la conoscevano tutti: usciva la mattina dal 47 di Ripa di Porta Ticinese,  chiusa nei suoi pensieri, testa bassa, quasi sempre  arrabbiata con tutto cio’ che le stava intorno, salvo poi aprirsi in un sorriso malizioso da ragazza sfacciata se incontrava qualcuno che, sconosciuto o no, le ispirava una momentanea simpatia. 

Prendeva il suo caffè “Non mi deve niente signora, per lei ci sarà sempre il caffè caldo” accendeva l’immancabile sigaretta mettendo in risalto le unghie smaltate di un rosso squillante e se ne tornava su, al secondo piano,  in quel  piccolo appartamento dai muri riempiti con la sua scrittura inclinata a volte a matita a volte con il rossetto rosso , di numeri telefonici , frasi criptiche, firme di amici e conoscenti , pensieri e tutto cio’ che le saltava in mente nell’arco della giornata.

Raramente si ricordava di mangiare, cosi’ che negli ultimi tempi  il Comune le offriva assistenza e pasti caldi. Anche perché le avevano chiuso il rubinetto del gas: poteva avere idee suicide,  dicevano. Pare in realtà che fosse solamente parecchio distratta, come capita spesso  agli anziani ma anche  alle persone che hanno ancora tanto a cui pensare, da dire, da comunicare.
E ne aveva ancora tante di cose da dire: poesie, aforismi, racconti e persino canzoni.

Aveva passato tutta la vita a scrivere di lei, di chi amava ed aveva intensamente amato, di chi l’aveva aiutata nei suoi momenti bui , di chi le aveva voluto bene ed aveva creduto in lei, dei suoi lunghi anni prima a Turro, poi negli ospedali di Taranto e poi ancora a Milano, al Paolo Pini.

Disturbo bipolare diagnosticavano i medici e gli psichiatri, mentre lei affermava   È una ricognizione, per epifanie, deliri, nenie, canzoni, disvelamenti e apparizioni, di uno spazio - non un luogo - in cui, venendo meno ogni consuetudine e accortezza quotidiana, irrompe il naturale inferno e il naturale numinoso dell'essere umano".

Le sue poesie sono lo specchio dei tormenti e della leggerezza, degli amori violenti e della quiete che raramente le faceva compagnia, delle suppliche e delle preghiere, delle invettive e dei ricordi.
Le sue poesie sono e saranno sempre lei, anche in sua assenza lei ci sarà.

“Ho vissuto dieci anni nella giungla odorosa di salici,
ero una rosa dormiente
ferma su una panchina ad aspettare
che un soffio d’avvento sanasse le piaghe dell’anima,
coglievo l’erba come si colgono i fiori
non piangevo ma guardavo fiduciosa il cielo bianco di Affori
sperando che apparissero le stelle,
a volte guardavo un folle negli occhi
e vi trovavo scolpita l’umanità che avevo perduta,
questa era la verità dell?O:P:,
questa fu la luce della mia anima inerte
che come un ferro rovente mi trapasso’ da una parte all’altra
ma era una giusta risoluzione dei miei destini
perché da una stazione imbrattata di fango
si puo’ partire verso le vie del cielo.”

Alda Merini


Marisa Cappelletti









giovedì 26 settembre 2019

Poesia di un giovedi' di primo autunno

Senza commenti


Amanti


Nel silenzio della stanza,
perduti in un abbraccio
di inaspettato abbandono,
regalandosi attimi eterni
che esplodono bruciando,
due impossibili amanti
liberano le anime, sognando.



Marisa Cappelletti



mercoledì 25 settembre 2019

Buonanotte fanta-horror!


Buco nero

Avevano attraversato un buco nero, quella regione dello spazio-tempo da cui nulla puo' sfuggire, nemmeno la luce!

Erano stati risucchiati quasi con gentilezza e si erano trovati a pochissima distanza non da  un pianeta invisibile ma da  un insieme di pianeti!
Quelli che gli scienziati ipotizzavano nascosti all'interno della massa densa del buco nero.

Piu'o meno.

Cosi' penso' Jeff, che non era un astrofisico ma solamente un ingegnere-astronauta, quando fu in grado di pensare in modo razionale.
Thomas guardava oltre i grandi oblo' della navetta la superficie sconosciuta che si stava avvicinando velocemente e pareva calmo. Leo se ne stava legato alla sua poltrona immobile, gli occhi strizzati, le mani aggrappate ai braccioli pieni di strumenti e pulsanti, incapace di reagire alla crisi di panico che l'aveva assalito.

La' fuori l'atmosfera assunse un color salmone acceso, striato da leggere pennellate azzurre, come se il sole stesse tramontando su un mondo pacifico ed amico.
Leo si tranquillizzo’, Thomas si lascio’ travolgere da una rumorosa risata di sollievo, Jeff aggrotto’ la fronte perplesso.

All’improvviso, come in un film di fantascienza proiettato su uno di quei giganteschi schermi  per 3D, i colori cambiarono ed un nero d’inchiostro denso si precipito’  sulla navetta spalmandovisi  sopra in modo uniforme e definitivo.

Ai tre parve di vedere un immenso spaventoso sorriso emergere dal buio.
Non fecero nemmeno in tempo ad emettere un grido perché il buco li ingoio’, li inghiotti’, li digeri' e tutto l’enorme miraggio torno’ ad essere quel che da secoli era sempre stato: un “corpo celeste con un campo gravitazionale così intenso da non lasciare sfuggire né la materia, né la radiazione elettromagnetica”.


L’eco lontana di quella che pareva una risata diabolica rimase imprigionata per sempre nella materia sconosciuta.



Marisa Cappelletti




lunedì 23 settembre 2019

The goal



L'obiettivo, il traguardo

Ho sempre considerato, e come me tantissimi, Leonard Cohen un poeta.
Un grande poeta.
E se il Nobel è stato assegnato a Bob Dylan non vedo perchè no a Leonard Cohen che si posiziona ad una distanza abissale da Bob.
Davanti.
A novembre uscirà una raccolta di brani inediti, lasciati incompiuti dal poeta e pubblicati in sua memoria dal figlio.
Per ora è uscito un singolo e che singolo!
Meraviglioso!
Sono le considerazioni di chi è quasi giunto al traguardo, di un uomo che sa vedere oltre quel che è stato, un uomo sconfitto ma che non ha mai lasciato.
Forse un uomo in pace.

The goal

I can’t leave my house
Or answer the phone
I’m going down again
But I’m not alone
Settling at last
Accounts of the soul
This for the trash
That paid in full
As for the fall – it began long ago
Can’t stop the rain
Can’t stop the snow
I sit in my chair
I look at the street
The neighbor returns my smile of defeat
I move with the leaves
I shine with the chrome
I’m almost alive
I’m almost at home
No one to follow
And nothing to teach
Except that the goal
Falls short of the reach



Non posso lasciare la mia casa
o rispondere al telefono.
Sto di nuovo precipitando
ma non sono solo.
Finalmente sistemo
i conti dell’anima:
questo è per la spazzatura
che ho pagato per intero
mentre la caduta – è iniziata molto tempo fa.
Non posso fermare la pioggia,
non posso fermare la neve.
Siedo sulla mia sedia
osservo la strada,
il vicino di casa mi restituisce quel sorriso di sconfitta.
Mi muovo con le foglie,
splendo con il colore.
Sono quasi vivo
sono quasi a casa.
Nessuno da seguire
e niente da insegnare.
Tranne che il traguardo
è inferiore alla portata.


  
Marisa Cappelletti




sabato 21 settembre 2019

Pubblicazioni


I miei due ultimi racconti pubblicati da Historica Edizioni:

La sindrome
Road to Escondido

Marisa Cappelletti  



Danger
Da The Road to Escondido
JJ Cale - Eric Clapton








giovedì 19 settembre 2019

Cuore spezzato

https://www.intertwine.it/it/read/0WayF0Ub/broken-heart



Broken heart

…More pity unto me: but Love, alas,
at one first blow did shiver it as glass…

John Donne
  

Sto qui da molto, non so dire quanto, non mi va di quantificare il tempo perché poi dovrei fare i conti con la mortalità dell’uomo e soprattutto con la mia e non voglio, non ce la posso fare.

Ne ho passate tante, tante che non sto a raccontarle, sprecherei troppo tempo, ma voglio stare qui ancora, a battere adagio od in fretta, dipende dai momenti, voglio vedere le mie parti offese guarire, verificare se le varie medicine da cui sono bombardato mi aiutano a sopravvivere con un po’ di tranquillità, sbeffeggiare ancora una volta quegli aggeggi diabolici che pretendono di guardarmi dentro.

Sono logoro e logorato, questo lo so, ma sono forte di volontà  e di sentimenti che mi arrivano ancora violenti dalla cabina di comando, anche se poi non serve a nulla comandare perché mi venisse, un giorno lontanissimo, di non lavorare piu’,  hai voglia ad impartire ordini, non arriverebbe piu’ nulla a nessuno. E poi mi arrivano anche  e da dentro, da quel posticino sconosciuto, leggero 21 grammi si dice,  ma famoso ed indispensabile.

Quante volte sono caduto e mi sono rotto in mille pezzi! Quanta fatica ho fatto per rimetterli insieme quei pezzetti, ma prima ancora per ritrovarli, per strappali a forza a chi li aveva rubati, oppure per raccoglierli là dove erano stati gettati via, dove capita capita, senza rispetto e senza vergogna.

Vergogna si’, per avermi fatto credere di aver incontrato un altro come me che come me non lo era affatto, per avermi  cullato nelle notti in cui non riposavo per poter battere forte e inutilmente,  per avermi ingannato con messaggi bugiardi.

Quante volte ho provato fitte di puro dolore per  l’abbandono involontario di chi mi voleva bene, per il mio compagno di vita che si confondeva e dubitava di me, si perdeva su strade buie e sconosciute a tutti e due e poi tornava faticosamente al suo posto, per poi riprendere il calvario che ci univa.

Ho battuto e batto ancora quasi con felicità, all’unisono con la musica, anche se ultimamente ai concerti, le note mi rimbombano dentro in modo inquietante. L’età dite? Io spero soltanto i decibel.

Ho mancato battiti di gioia, momentanei certo, ma di gioia, mi sono anche  illuso di ingannare la mia età con attimi che non scordero’, anche se poi  l’inganno s’è rivelato quel che era: un tuffo imperdonabile in un mare con una scogliera tagliente nascosta sotto il blu, su cui mi sono, ancora una volta  frantumato e ferito.

Non imparero’ mai!

Certo sto qui da tanto ma, sapete che vi dico? Sono felice di starci, nel bene e nel male, anche agghindato da broken heart!

Marisa Cappelletti







domenica 15 settembre 2019

L'erotismo e la scrittura



Dal mio punto di vista.


Mi è capitato di leggere qualche storia erotica, l'ultima appena scritta, su Intertwine e devo ammettere a malincuore che, escludendone una soltanto tra le poche che ho letto e cioè "Margot del Luna Park" bella storia molto ben scritta che consiglio anche a chi non si avvicina mai al genere, non ho trovato alcuna forma di erotismo, in nessuna.

Si riporta soltanto un insieme di volgarità piu' o meno esplicite, il solito sesso scambiato da chi scrive per trasgressione, ma giudicato da chi legge la solita solfa, scopiazzature varie da noti romanzi o film, qualche accenno al famigerato Marchese ma molto soft e le dimensioni sempre al di sopra della media del "ferro del mestiere" del super dotato di turno.

Che, a volte mi chiedo, se uno è assolutamente normale non potrà mai aspirare ad accendere anche una minima fantasia dello scrittore di turno?
E perchè mai in queste chiamiamole con generosità storie, una donna è sempre e soltanto splendida vittima o carnefice e mai una normalissima ragazza o signora o quel che volete magari leggermente in sovrappeso, che poi un po' di morbidezza puo' stimolare parecchio l'immaginazione ed i sensi?

Ma forse ho divagato e me ne scuso. 

Torno all'erotismo.

Signore e signori che vi divertite cosi' tanto a raccontare di un rapporto sessuale che nulla lascia all'immaginazione nè nulla regala al buon gusto, ma sapete che l'erotismo è tutta un'altra cosa?
Che è un sottile accenno che deve scatenare la fantasia, è un dire e non dire, svelare e nascondere, stimolare e lasciare in sospeso per far lavorare l'immaginazione di chi legge, è eleganza e raffinatezza?

No. Non lo sapete.

Inoltre non è detto che se quel che viene scritto ha un sapore erotico non debba tener conto nè della grammatica nè della sintassi della nostra bella lingua italiana.

Insomma, almeno per quel che ho letto io ultimamente sulla piattaforma, i racconti di questo genere hanno un valore davvero scarsissimo.

Credo che anche con certi argomenti ci si potrebbe impegnare di piu' sia nella trama che nell'esposizione.

Coraggio: un pizzico di originalita!

Oppure, e sarebbe molto meglio, lasciate definitivamente perdere.

Marisa Cappelletti

"L'erotismo è una stanza buia in cui si entra con molta curiosità ed un pizzico di paura. L'erotismo è il battito accelerato del cuore di fronte al mistero. L'erotismo è partire alla scoperta dell'America senza essere sicuri che ci sia un' America dall'altra parte. L'erotismo è il possesso della persona amata unito all'ansia di perderla. Erotismo è la continua ricerca del limite." 

Luciano De Crescenzo




mercoledì 11 settembre 2019

11 Settembre 2001-11 Settembre 2019



Il mio primo pensiero, dopo che la CNN trasmise in diretta l'attacco al secondo grattacielo di New York, fu per mia figlia, subito dopo pensai: siamo in guerra, è finita!
Per noi fortunatamente non fu cosi', ma per le 3000 persone morte in quel giorno orribile fu quasi peggio.
Non potro', non potremo, nessuno potrà mai dimenticare!



Marisa Cappelletti








martedì 10 settembre 2019

Poesia ermeticamente pessimista

In una notte insonne

https://www.intertwine.it/it/read/d7nrsAUJ/prigioniera

Prigioniera


L’incertezza mi stringe forte
I polsi, con lacci invisibili
Imprigiona la volontà di agire,
trattiene a forza  parole
ammassate  dietro labbra
bagnate da lacrime asciutte
che  rifiutano di esserci.
I pensieri sfuggono alla volontà
di non pensare, di riposare
nel nulla salvifico di un cervello
stanco d’immagini e suoni
che piu’ non saranno.
Gli occhi arrossati da un sonno
che latita nel silenzio notturno,
rifiutano  di abbandonare il miraggio
ormai sbiadito di un’ombra
evanescente dai contorni bui,
immagine dolorosa del niente
millantato per il tutto che non fu.
Domani, il domani che non schiarirà
con l’alba il mio essere
preda colpevole di altrui volontà
che schiacciano le ore,
domani forse saro’ liberata
dai lacci impietosi che impediscono
la vita:   domani, forse, vivro’.


Marisa Cappelletti



domenica 8 settembre 2019

Poesia della domenica



Patrizia Cavalli,  nata a Todi e residente a Roma, è una delle maggiori poetesse italiane del '900.

Da:
L'io singolare proprio mio

Tu te ne vai e mentre te ne vai
mi dici: "Mi dispiace".
Pensi cosi' di darmi un po' di pace.
Mi prometti un pensiero costante struggente
quando sei sola e anche tra la gente.
Mi dici: "Amore mio mi mancherai.
E in questi giorni tu cosa farai?"
Io ti rispondo "Ti avro' sempre presente,
avro' il pensiero pieno del tuo niente".

Patrizia Cavalli






 

venerdì 6 settembre 2019

Guitti (fine della commedia)

Pensierino della sera
https://www.intertwine.it/it/read/n0ovTvUR/guitti


Fa freddo  cosi’,  all’improvviso. 


Freddo come il tempo che mi scorre dentro senza piu’ emozioni, come le parole che vorrei poterti dire se solo  sentissi ancora la  tua voce.

Vorrei trasmetterti il gelo dei miei pensieri, l’indifferenza che consuma le giornate vuote, il  niente  rimasto dopo il tutto che è stato.

E’ un silenzio che urla l’impotenza dell’agire, la solitudine  dei passi nelle vie affollate, la tristezza della finta allegria e della sicurezza sbagliata.

Fa freddo cosi’, all’improvviso.

La finestra chiuse sull’ultima pioggia d’estate, sull’ultima illusione  che non ti cercherà, sui pensieri che vogliono ancora e ancora correre là dove sono caduti.  

Il ricordo fissato sul palcoscenico della commedia finale. I due guitti fuggiti senza l’applauso di un pubblico fantasma, senza piu’ parole da recitare.

Vorrei mostrarti, se soltanto potessi amore mio,  la delusione che mi copre il capo, il ridicolo che ti ha sepolto davanti a me, la voglia di vita che mi resta. Tutto quello che piu’ non è.

Fa freddo cosi’, all’improvviso.  Senza di te.


Marisa Cappelletti
  

mercoledì 4 settembre 2019

Eliminando...

E facendo pulizia dove serve.
 Buche


Ho cercato il posto
ed ho trovato il mare.
Ho scavato buche
nella sabbia bagnata
e sono rimasta a guardare
la cattiveria che cadeva
l'invidia che inciampava
l'ignoranza che moriva
il mare che avanzava.

Ho coperto le fosse
ed ho continuato a vivere.


Marisa Cappelletti

The Platters
Ebb tide

 




lunedì 2 settembre 2019

Settembre


Sotto un maestoso temporale iniziato alle 3 del mattino, tanto per farci capire che si torna alle vecchie abitudini, sotto una pioggia scrosciante che per qualche ora ha rinfrescato e rinfrescherà l'aria non ancora del tutto disposta a cedere il passo a mattinate piu' ventilate e piacevoli, sotto la routine che ricomincia con sveglia, doccia veloce, colazione non piu' straordinariamente eccitante come quella delle vacanze, ma tristemente dietetica per perdere i chili accumulati in soli quindici o trenta giorni vacanzieri, sotto tutto cio' eccoci qui!
Si ricomincia: strade intasate dalla pioggia, traffico in crescita, nervosismo che aspetta solo di venir liberato, colleghi rompiscatole, capi antipatici, tempo che manca,  stanchezza esistenziale ma anche fisica, palestra che ci uccide, scuole che riaprono, figli che pretendono, insomma il solito tran-tran. 
E fra una o due settimane  il ritornello che è sempre stato e sarà sempre in cima a tutte le hit parade mondiali:
"Mi servono un po' di giorni di ferie!"
Bentornati dunque e buon lavoro!

(Ed io? Io ho già fatto la mia parte, per me le ferie sono 365 giorni l'anno su 365 ma, a volte, anche 366!.)

Marisa Cappelletti



Ella Fitzgerald
September song





domenica 1 settembre 2019

Una qualsiasi notte d'estate

Dell'agosto appena trascorso.
Di questa estate che non vuole morire, che continua a soffiare aria di fuoco e disturbare il sonno che latita da mesi.




Il caldo è infernale: come se alcuni satanassi stessero davanti alle porte finestre ed alle finestre dell’appartamento a buttar dentro fuoco.

Tutto è surriscaldato, i ventilatori disturbano il sonno che non c’è con i loro ronzii,  ma sono incapaci di dare un po’ di sollievo.  Fuori il traffico è incessante anche se sono le tre. Ognuno cerca evasione da questo inferno  come puo’,  magari anche solo con un giro in auto.

All’improvviso gli allarmi scattano all’unisono come se una immensa banda di ladri avesse deciso di introdursi in tutte le case del paese nello stesso momento. 
Ma dentro il silenzio diventa assoluto: la corrente se ne è andata insieme al refrigerio meccanico dell’aria condizionata e delle pale in movimento, gli orologi digitali lampeggiano senza orario ed ogni cosa resta sospesa.   Ormai siamo tutti esperti: sovraccarico dovuto ai condizionatori .

Da esasperata, con una punta nemmeno tanto piccola di cattiveria. penso: ben vi sta! E provatelo anche voi il caldo africano che non dà tregua!
Resistono solo le luci del parco che, gialle nel verde, creano un’atmosfera quasi magica. 

Mi godo il silenzio, poi ascolto la mia musica preferita sul cellulare e mi rilasso. Penso. Ricordo. Mi arrabbio. Mi lascio prendere dalla nostalgia che ultimamente, causa fatti privati, si è trasformata in una profonda malinconia.

In questa notte insonne e soffocante rivivo i miei ultimi anni riempiti di attimi di gioia, di sentimenti insperati, perduti e ritrovati, d’affetto e di piccole soddisfazioni. Ma anche di disillusioni cocenti, di illusioni stupide e di bugie confezionate cosi’ bene da sembrare verità  indiscutibili.

E la musica accompagna discreta i pensieri e le speranze che, ultimi appigli di una vita in salita, non mi abbandonano mai, nemmeno davanti alle evidenze piu’ pesanti.

Lacrime? No! Lacrime per me non ce ne sono piu’ da tanto tempo:  la corazza leggera e permeabile che mi sono ritrovata addosso fortunatamente mi impedisce il pianto. Almeno per certe situazioni .  Non  ora, non alla mia età. Tanto so che, come diceva nonna Lice, “quel che si fa di male agli altri poi torna raddoppiato “.
Non auguro nulla di male a nessuno naturalmente, ma so che chi mi ha ferito non ha e non avrà vita facile ed in fondo se lo merita!

Scaccio l’autocommiserazione forse causata dal caldo e vado a vedere come sta Agata, la mia cagnolona quasi diciassettenne  e per un cane non è certo il momento dell’adolescenza, ma di una vecchiaia tribolata  si’ ma resistente e tenace nei confronti della vita. 

Ansima e si lamenta nel  sonno: anche per lei questa notte è infernale. Si sveglia, mi guarda implorante: “per favore fai smettere  questi orrendi 40 gradi ”
Posso soltanto portarla con me sul terrazzo, nell’illusione che un po’ d’aria prima o poi paassi di li’.

Poi, all’improvviso cosi’ come se ne era andata, la corrente torna e tutto ricomincia: ronzii, luci che si accendono e spengono, televisori che in piena notte trasmettono vecchi film e programmi culturali che non interessano a nessuno.
Noi due, vecchie ragazze disperate accaldate ed insonni, torniamo ai ventilatori, alle lenzuola stropicciate ed  al marmo che Agata spera sia piu’ fresco della sua cuccia.

I pensieri della notte mi abbandonano per lasciare il posto ai programmi per domani, la nostalgia se ne torna nel suo angolo, un bicchiere d’acqua gelata mi farà male ma mi disseta , l’aria mossa da pale impotenti è calda tanto quanto quella che a dicembre esce dai caloriferi ed io..beh io continuo a non dormire ed a maledire il satanasso che mi sta gettando addosso il suo alito di fuoco.
 
E domani le previsioni sono peggiori: farà ancora piu’ caldo! Vuoi vedere che l’Inferno è il luogo piu’ fresco e rassicurante in cui stare questa settimana?


Marisa Cappelletti