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Un maggio orribile
Tra lei e me
La storia è sempre quella: uno scrittore, qui una
scrittrice, che ha perso la vena, la voglia, le parole. E la pagina resta li’ a fissarla accusatrice
e nello stesso tempo prova inconfutabile
dell’incapacità di scrivere.
-Fa caldo- si giustifica colei che non fa – non riesco
nemmeno a pensare in modo lucido, figuriamoci a far funzionare
l’immaginazione!-
E quando fa freddissimo allora? Quando gli eventi
atmosferici cambiano, si stravolgono,
incombono? Che fai? No, cara la mia ragazza (perché siamo tutte ragazze,
a qualunque età) non raccontarti storie, non funziona cosi’.
Il fatto è che per l’ennesima volta il destino ti ha fatto
lo sgambetto e tu te ne stai li’ a terra, senza alcuna volontà di rialzarti, a
crogiolarti in quel che succede ed è successo, a rimuginare, incazzarti,
piangerti addosso.
Che poi al destino si
dà sempre una mano, volontariamente o no, il nostro zampino ce lo mettiamo
sempre. E qui, ammettilo, ce l’avete messa tutta, in due, a far succedere i l patatrac. Troppa fiducia,
troppa stupida sicurezza, troppo tutto.
Non contenta di esserti rovinata l’estate ecco che il
destino, il giorno seguente il famigerato patatrac, ha preso sotto braccio una
vecchia megera, le ha sorriso sornione e l’ha guidata, lei ed il suo Suv, dritta sparata contro la tua utilitaria.
- Ooh mi spiace cara!
Stavo guardando delle indicazioni…si è fatta male cara? Io non mi sento tanto
bene, sa lo spavento…-
Sei una signora e solo questo ti impedisce di dirle tutto
quello che di volgare e tremendo stai
pensando di lei.
-Eggià credo proprio di essermi fatta male!- (e tu con Maps
sul cellulare credo ti sia giocata la patente, cara!)
Quello di maggio non è stato proprio un bel mese per te,
anzi lo definirei un “mensis horribilis” e, anche se non sei una regina, posso
affermarlo senza paura di essere smentita.
-Dunque cosa mai dovrei scrivere?- dici con voce lamentosa.
Che ne so: scrivi di una grande unica irripetibile storia
d’amore, forse il grande amore, vissuta
e lasciata li’ a decantare, come un buon vino o un caffè turco, negli anni,
ripresa ed abbandonata piu’ volte e,
tanto per sparigliare le carte, falla definitivamente morire, lei ed i
protagonisti tutti, affogata nel ridicolo.
Scrivi di una poetessa immobilizzata da un busto in metallo che assiste dalla
finestra all’omicidio di una vecchia megera appena scesa da un mastodontico Suv
bianco nuovo di zecca che viene investita una, due, tre volte di seguito da una
picccola utilitaria blu ma nel blu dipinto di blu, che passa e ripassa sulla
ciccia della suddetta fino a che non ne resta che una nauseante poltiglia. Ma
forse l’idea non è nuova…
E allora arranca fino allo specchio della camera, guardati
con occhi disincantati, guarda le rughe,
gli anni, le delusioni e le riprese, gli abbandoni ed i ritorni, l’orgoglio ed il pregiudizio ma
anche la rabbia e l’orgoglio, il piacere
ed il dolore, guardati fuori e dentro, guarda intorno le cose familiari e là
fuori quello che non ti appartiene piu’ e quello che sarà.
Vedi che puoi scrivere? Hai tutto dentro ed attorno, vicino e lontano (sempre troppo
lontano) tutto quello che vuoi, che ti serve per raccontare.
Coraggio, siedi
davanti al pc, metti dei cuscini dietro la schiena dolorante, gli
occhiali per vedere il nero dei caratteri sul bianco del foglio
Word, apri le foto della vita,
carica la musica che piu’ ti piace e vai.
Ce la puoi ancora fare.
Marisa Cappelletti