Eve
La primavera era li' fuori, dietro le finestre sbarrate ed il sole, attraverso i vetri, provava a scaldare le mie spalle curve ed illuminava i colori che solitamente usavo per i miei quadri. Erano tutti uguali: la casa sulla scogliera, le nuvole nere ed un puntino laggiu', inerme, le piccole braccia spalancate come a voler spiccare il volo, le rocce rosse sotto il corpicino immobile.
Ma allora, a quel tempo, il sole non mi scaldava piu' ed il
mare allontanandosi mi domandava in continuazione: -Cos'hai fatto?- poi tornava
chiedendo ancora -Cos'hai fatto?-
E la testa mi scoppiava e la voce gridava
e...E Aldo non c'era piu', il mio bambino era ormai nel vento, il
rosmarino ed i gelsomini non profumavano per me.
Un giorno, uno dei tanti
giorni disperati, mi ritrovai con il corpo nell'acqua, i piedi che avanzavano,
la mente piena solo del rumore della risacca. Le onde allungavano le braccia
verso di me, il corpo ubbidiva alla schiuma bianca.
Gli occhi aperti in un mondo liquido, aspettavo la pace o la
fine, non so.
Due braccia robuste mi afferrarono con violenza e mi
trascinarono fuori dal blu, nonostante la mia resistenza e le mie urla.
-Eve? Signora Eve?- Aprii gli occhi e mi trovai ad un palmo
di naso il viso preoccupato di Olga.
-Che succede cara? Perché questi lamenti? Ora prendiamo una
bella compressa rosa, misuriamo la pressione e lasciamo perdere questo quadro
per oggi, va bene?-
Si', lasciamo perdere quel quadro che mi fa ancora tanto
male e scordiamoci tutto con un bel sonno chimico che, in fondo, é l'antidoto
piu' adatto ai ricordi insani ed ai rimpianti dolorosi.
Poso' il pennello ed i pensieri confusi, inghiotti' la
pastiglia ed attese l'oblio.
Marisa Cappelletti
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