venerdì 13 maggio 2016

Venerdi' 13

Un racconto, scritto a quattro mani con l'amica scrittrice Paola Roela, adatto alla giornata.
Strizzando l'occhio al Maestro Stephen King.



Il lago


Aveva scelto un pomeriggio pieno di sole per tornare in quel posto tra le colline, sopra il lago che l'aveva inghiottito e legato sul fondo con le sue alghe viscide ma forti come catene.
Il corpo decomposto, lauto pasto per i pesci, l'anima vagante in cerca di vendetta. Anni passati a scivolare leggero come fumo tra gli uomini, ad entrare nelle menti per sconvolgerle con sussurri di violenza e follia.

Un'esistenza, la sua, senza uno scopo ed un disegno, se non quelli di togliere agli altri, di uccidere per soddisfare il desiderio di possesso e di prevaricazione. Eppure un tempo, chissà quando e perché, anche lui doveva aver avuto almeno un desiderio, una speranza di riscatto, venuti da chissà dove e subito persi nei meandri di un cuore nero.
Nascosto tra la chioma di una quercia osservava i due ragazzi che si rincorrevano nel prato per poi tuffarsi tra l'erba fitta e piena di fiori, fingendo una lotta che terminava tra le risa. Una scena idilliaca che solleticava quell'anima errante condannata ad essere il Male.

Non ricordava cosa fosse quella sensazione che sentiva montare dentro, guardando quei due. Forse invidia, sì, doveva chiamarsi così. In un'altra condizione, forse avrebbe potuto chiamarla rimpianto. O nostalgia. Quelli però erano sentimenti perduti. Per sempre. Chissà se tra i due era vero amore o soltanto voglia di sesso. Era curioso di scoprirlo. Li avrebbe messi alla prova.

Forte dell'esperienza acquisita nel corso del tempo, si insinuò nella mente del ragazzo, sussurrando oscenità alle sue orecchie. Oscenità che, senza averne coscienza, vennero puntualmente ripetute dal giovane. Parola per parola. La ragazza lo guardò stupita "Cos'hai detto?" disse incredula "Io...cosa ho detto?" disse lui, ancor più stupito. Lei lo guardò:
"Non so cosa ti sia preso, ma se è uno scherzo, non è affatto divertente!"
"Oh si' che lo é!" penso' l'Entità.                                                                                                                                                                                                " Non so di cosa parli, amore, ti prego...vuoi rovinare tutto?" chiese lui, sinceramente dispiaciuto e incapace di comprendere di cosa lo si stesse accusando "Capisco che sei eccitato ma...dire quelle cose..." disse lei mettendo il broncio, e contemporaneamente riavvicinandosi "Non so di quali cose tu stia parlando ma...è vero, lo confesso, sono eccitato. Come potrei non esserlo, con te così vicina...sei bellissima!" disse lui, baciandola, mentre la cingeva sui fianchi.

L'Entità fece scivolare una mano del ragazzo sul sedere di lei, palpeggiandolo pesantemente. La ragazza reagì con un sonoro ceffone e con le lacrime agli occhi "Sei un mostro!" disse, correndo via. Lui rimase attonito, senza capire cosa fosse successo. Capiva solo che lei, per qualche incomprensibile ragione, stava scappando da lui.

Provò a rincorrerla ma un rumore lo fece voltare. Non riusciva a credere ai propri occhi. Al centro del Lago si stava formando un'altissima onda.

Rimase ipnotizzato a guardare l'acqua sollevarsi e muoversi finché non assunse la forma che ricordava quella di un uomo incappucciato.
All'altezza del volto, senza occhi, l'acqua si mosse a formare una bocca che parlava. Le parole uscivano ovattate e sembravano provenire da millenni indietro nel tempo, ma nella testa del ragazzo, dopo averlo confuso con il loro rimbombo, risuonarono forti e chiare.
Rimase immobile ad ascoltare, incapace di muoversi, reagire o anche soltanto di proferire una sola parola.

Quando ebbe terminato di formulare il suo messaggio, l'onda si riabbassò lentamente e sulla superficie dell'acqua rimase solo qualche cerchio concentrico che ben presto sparì.
Lo sguardo del giovane, ipnotizzato dal fluire dell'acqua, lentamente si alzò dal Lago al cielo. Stava scendendo la sera, la luna era già ben visibile, anche se vi era ancora abbastanza luce.  Cercò di scuotersi dal torpore, sentiva che doveva fare qualcosa, era lì per un motivo.
Gli sembrava di ricordare che la creatura dell'acqua gli avesse ordinato di fare qualcosa. Ma cosa? Era tutto confuso nella sua testa, poi, d'improvviso, gli sovvenne. Si voltò a guardare verso il bosco, i lecci proiettavano la loro lunghissima ombra, dando un aspetto sinistro all'ambiente. Marcus, forse in un ultimo anelito di umanità ancora in lui, rabbrividì.

Ma fu solo un attimo. Subito dopo, iniziò a correre e scomparve nel folto del bosco.
La caccia era cominciata.
Maria si era appoggiata ad un vecchio tronco, stanca per la corsa e per la delusione. Non era così che aveva immaginato l'amore, non era così che doveva essere! Marcus si era dimostrato soltanto un volgare giovane maschio e lei non lo avrebbe mai perdonato!
Le foglie intorno si sollevarono formando un mulinello attorno al suo corpo, nonostante la completa mancanza di vento. Un rumore di passi in corsa e rami spezzati le arrivò annunciando l'arrivo del ragazzo.

Si volse pronta a respingere il Marcus sconosciuto di pochi minuti prima, ma la figura che arrivò non era quel che si aspettava. Scarmigliato, ansante, le froge spalancate come quelle di una belva che fiuta la preda, gli occhi brillanti di rosso fuoco.
Maria rimase per un attimo immobile, terrorizzata, poi l'istinto di sopravvivenza la spinse in una corsa disperata. Ma quel che restava del ragazzo con un balzo felino la raggiunse gettandola a terra e l'aggredì alla gola, lacerandole con un solo morso la giugulare anteriore, mentre lo sguardo che non aveva più nulla di umano, osservava compiaciuto l'agonia della giovane che stava affogando nel proprio sangue. La bestia la afferrò per i capelli senza il minimo sforzo e la trascinò verso il Lago, dove l'Entità aspettava. Marcus entrò nell'acqua con il corpo tra le braccia e lo sollevò per poi gettarlo al largo, dove le alghe scure sollevarono le loro mani fluttuanti per accogliere l'ennesima vittima.
L'Entità, pacificata, guidò la mente del ragazzo verso la realtà. 

Quando realizzò quello che aveva fatto, il ragazzo, con le mani nei capelli, corse via con tutta la velocità di cui era capace. Non l'avrebbe mai raccontato a nessuno, poiché nessuno gli avrebbe creduto. In quanto a Maria, avrebbe pensato a qualcosa. Povera Maria!

Poco dopo, tornò il silenzio. Passò un po' di tempo, in cui l'Entità rimase tranquilla, nonostante ci fossero state diverse visite, ma sempre di comitive piuttosto numerose, con le quali "operare" sarebbe stato più difficoltoso. Finalmente, dopo un periodo piuttosto lungo, arrivò sulle rive del lago una tipica famigliola, papà, mamma e due bimbetti, un maschietto e una femminuccia, per il classico picnic. Arrivarono all'incirca a metà mattina, l'uomo preparò la sua attrezzatura da pesca e si mise a pescare. Anche il maschietto aveva una piccola canna e si mise accanto al padre. La mamma stese un telo da mare e si mise a prendere il sole, mentre la bimba giocava con la palla.

Il bimbo era impaziente di pescare qualcosa e non smetteva di ripetere quando avrebbero visto qualche pesce, muoveva in continuazione la canna, nonostante le raccomandazioni del padre di restare in silenzio, altrimenti i pesci sarebbero scappati tutti. Il figlioletto, però, era così emozionato per la sua prima volta a pesca, che, nonostante i buoni propositi, non riusciva a stare fermo, né zitto. Tutto quel trambusto disturbò l'Entità, che iniziò a interessarsi a loro.

Li osservò a lungo, sentendo dentro sé una sensazione strana, come di dèjà vu, come se, in qualche modo, li conoscesse. Com'era possibile? Erano passati molti anni da quando aveva abbandonato la sua forma umana. Era ancora un ragazzo quando era stato ucciso. Un giovane che si era cacciato in un mare di guai. Non ricordava il perché. Tentò di andare indietro con la memoria. 
No, non gli era concesso il ricordo! Doveva restare solo un grumo di pura malvagità, null'altro.

Ma quella famiglia gli aveva aperto un piccolo spiraglio di sensibilità, anche se lui non sapeva dare un nome al disagio che percepiva. Per la prima volta da quando era riuscito a sfuggire alle alghe ed emergere dalle acque scure del centro del Lago, per la prima ed unica volta non sentiva il bisogno di insinuarsi nelle menti umane per sconvolgerle. Un fulmine velocissimo attraversò l'Entità, lasciandogli la traccia vaga di una giornata lontana.

 La bimba si mise a ridere serena e l'immagine di un'altra bambina che imbracciava un fucile e piangeva disperata si proiettò sul Lago. Il bimbo riuscì a pescare un minuscolo pesce e subito accanto al viso terrorizzato dell'altra piccola si materializzò un adulto con una poltiglia sanguinante al posto del viso. La madre chiamò i figlioletti per la merenda, una donna con gli occhi sbarrati ed un altro orribile buco invece del cuore si profilò all'altra estremità del Lago. Le nubi coprirono il sole, un vento freddo arrivò da ovest e l'Entità percepì per la prima volta quello che era stato: il ragazzino accecato dall'odio che, col fucile del padre, aveva sterminato i genitori, per essere poi ucciso dalla sorellina terrorizzata.

Caduto nel Lago, incatenato alle alghe era stato abbandonato lì a decomporsi, per poi tornare come massa folle senza possibilità alcuna di riscatto. Sospeso sopra il Lago, in compagnia dei fantasmi, prima di inabissarsi definitivamente lasciò cadere un'unica ristoratrice lacrima sulla superficie increspata e grigia.

 La donna guardò su, verso le nubi ed una goccia di pioggia le bagnò il viso. Era riuscita a tornare finalmente in quel posto maledetto, dove aveva perso tutti i suoi cari e, per sopravvivere, aveva sparato al fratello.
Prima di chiudere definitivamente col passato formulò una preghiera, poi radunò la sua famiglia e se ne andò.

                                                                     Fine



Marisa Cappelletti e Paola Roela

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