Con sorpresa finale.
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La solitudine non gli pesava piu’, ci si era abituato da
tanto e, in fondo, era sempre stato solo anche da giovane, escludendo
naturalmente la Povera Mamma. Niente grandi amori, mogli, compagne di vita o simili. Per lui
niente!
Aveva avuto soltanto il suo lavoro. E l’aveva amato,
si’.
Per oltre trent’anni con
la fidata bicicletta aveva percorso in
lungo ed in largo le strade del quartiere distribuendo cartoline, lettere,
avvisi, piccoli pacchi.
Era passato come un’ombra tra tante persone e, in qualche
modo, si era sentito parte della loro vita, di piu’, li aveva rapinati di schegge della loro vita!
Ed a lui era piaciuto insinuarsi nellel tante storie,
sentirsi un po’ il deus ex machina, l’artefice del loro destini.
E quando la Povera Mamma
l’aveva lasciato per sempre, ancora giovane ma ammalata gravemente, tanto che
lui, da bravo figlio, aveva dovuto mettere fine ai suoi tormenti, liberandola e
liberandosi da una presenza soffocante e
scomoda, era andato in pensione e si era dedicato
completamente, senza alcuna fastidiosa interferenza, a
quelle esistenze che aveva toccato e forse
cambiato.
Ad alcune persone che aveva incontrato, che l’avevano
ignorato , chiamato quasi con disprezzo il Postino, senza chiedere il suo
nome, lui aveva aperto o chiuso strade diverse che, se avessero letto cio’ che
a loro era stato scritto, avrebbero imboccato.
Si sedette al tavolo ingombro di raccoglitori etichettati in
modo maniacale anno dopo anno, zeppi di biglietti e lettere mai recapitati. Li conosceva tutti
a memoria ed ogni volta che ne rileggeva alcune si sentiva esaltato da quel che
aveva fatto.
Con mani tremanti apri’
una lettera di tanti anni addietro :
“Caro Luigi, non mi conosci ma devo confessarti i miei
sentimenti per te”.
L’aveva letta e riletta, ci aveva quasi pianto sopra,
consapevole dell’occasione persa. Aveva
rinunciato ad una donna, forse l’unica che l’avesse mai voluto, rinunciato per
stare con la Povera Mamma tanto bisognosa della sua presenza.
E quando poi si era reso conto di essersi precluso ogni
forma di vita sociale ed amorosa per lei, quando aveva deciso di porre fine a
tutto cio’, si era accorto che il tempo
era passato, quella donna che gli aveva confessato il suo amore non c’era piu’ e mai ce ne sarebbe stata un’altra.
Allontano’ con rabbia la vecchia lettera, spazzo’ con una
manata il tavolo e si accorse di una piccola busta a lui indirizzata e mai aperta. Chissà come
mai non se n’era accorto prima.
Curioso la apri’ e subito si riconobbe la scrittura, identica alla lettera della donna che aveva
ignorato tanto tempo prima.
“Caro Luigi, non mi conosci ma presto lo farai. So quel che
hai fatto a mammina e questa volta non mi potrai ignorare”…
Sconvolto si precipito’ giu’ dai pochi gradini che lo
separavano dalla cantina, inciampo’, cadde, si rialzo’ a fatica e, con lo
sguardo allucinato e la voce strozzata sputo’:
“Hai visto? Ancora una volta mi rovini la vita, ancora una
volta è colpa tua”.
Sventolo’ con rabbia le poche righe in faccia allo scheletro che
stava seduto composto sulla poltrona di velluto marrone, con indosso ancora il
misero vestito di flanella a fiorellini.
Il teschio gli rispose silenziosamente con il ghigno
malevolo della Povera Mamma.
Marisa Cappelletti
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