venerdì 24 maggio 2019

Il postino

Raccontino della sera.
Con sorpresa finale.

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La solitudine non gli pesava piu’, ci si era abituato da tanto e, in fondo, era sempre stato solo anche da giovane, escludendo naturalmente la Povera Mamma. Niente grandi amori,  mogli, compagne di vita o simili. Per lui niente!

Aveva avuto soltanto il suo lavoro. E l’aveva amato, si’. 

Per oltre trent’anni  con la  fidata bicicletta aveva percorso in lungo ed in largo le strade del quartiere distribuendo cartoline, lettere, avvisi,  piccoli pacchi.
Era passato come un’ombra tra tante persone e, in qualche modo, si era sentito parte della loro vita, di piu’,  li aveva rapinati di schegge  della loro vita!

Ed a lui era piaciuto insinuarsi nellel tante storie, sentirsi un po’ il deus ex machina, l’artefice del loro destini.

E quando  la Povera Mamma l’aveva lasciato per sempre, ancora giovane ma ammalata gravemente, tanto che lui, da bravo figlio, aveva dovuto mettere fine ai suoi tormenti, liberandola e liberandosi  da una presenza soffocante e scomoda,   era andato in pensione e si era dedicato completamente, senza alcuna fastidiosa interferenza,   a quelle  esistenze che aveva toccato e forse cambiato.

Ad alcune persone che aveva incontrato, che l’avevano ignorato , chiamato quasi con disprezzo il Postino, senza chiedere il suo nome,  lui aveva aperto o chiuso  strade diverse che, se avessero letto cio’ che a loro era stato scritto, avrebbero imboccato.

Si sedette al tavolo ingombro di raccoglitori etichettati in modo maniacale anno dopo anno, zeppi di biglietti  e lettere mai recapitati. Li conosceva tutti a memoria ed ogni volta che ne rileggeva alcune si sentiva esaltato da quel che aveva fatto.

Con mani tremanti  apri’ una lettera di tanti anni addietro :   
“Caro Luigi, non mi conosci ma devo confessarti i miei sentimenti per te”.
L’aveva letta e riletta, ci aveva quasi pianto sopra, consapevole dell’occasione persa.  Aveva rinunciato ad una donna, forse l’unica che l’avesse mai voluto, rinunciato per stare con la Povera Mamma tanto bisognosa della sua presenza.

E quando poi si era reso conto di essersi precluso ogni forma di vita sociale ed amorosa per lei, quando aveva deciso di porre fine a tutto cio’, si era accorto che  il tempo era passato, quella donna che gli aveva confessato il suo amore  non c’era piu’ e mai ce ne sarebbe stata un’altra.

Allontano’ con rabbia la vecchia lettera, spazzo’ con una manata il tavolo e si accorse di una piccola busta  a lui indirizzata e mai aperta. Chissà come mai non se n’era accorto prima.

Curioso la apri’ e subito si riconobbe la scrittura,  identica alla lettera della donna che aveva ignorato tanto tempo prima.
“Caro Luigi, non mi conosci ma presto lo farai. So quel che hai fatto a mammina e questa volta non mi potrai ignorare”…

Sconvolto si precipito’ giu’ dai pochi gradini che lo separavano dalla cantina, inciampo’, cadde, si rialzo’ a fatica e, con lo sguardo allucinato e la voce strozzata sputo’:  
“Hai visto? Ancora una volta mi rovini la vita, ancora una volta è colpa tua”.

Sventolo’ con rabbia  le poche righe in faccia allo scheletro che stava seduto composto sulla poltrona di velluto marrone, con indosso ancora il misero vestito di flanella a fiorellini.

Il teschio gli rispose silenziosamente con il ghigno malevolo della Povera Mamma.


Marisa Cappelletti



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