sabato 2 febbraio 2019

Il racconto del sabato

Per essere triste è triste e per certi versi anche un po' autobiografico, ma scritto solo per scaramanzia.



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24 Ore


Un sabato qualunque. Alle 23.00.

La saetta le esplode dentro, accecando la mente. E’ un attimo, poi tutto si quieta.
Ma la paura sale incontrollabile a velarle di nero gli occhi.
Stranamente la consapevolezza del momento, dell’avviso che la sorte le ha voluto regalare, la calmano ed il cuore riprende i suoi battiti mentre i ricordi si affollano alla rinfusa nel cervello ancora stravolto.

Vede la bimbetta che era stata nel secolo scorso, la fine della guerra dietro la porta, la casa che ospitava tutta la famiglia.

Al secondo piano il grande appartamento dei nonni materni e di mamma e papà. Nonna Paola che scriveva poesie e pensieri sul retro dei conti del lavandaio, il profumo di violetta dei suoi abbracci. Nonno Alessandro con gli adorati francobolli, l’impegno politico, i classici russi.
Al terzo piano la dolce nonna paterna Pina, gli zii ed il cuginetto Giuseppe.

Le pare di sentire ancora il buon odore del bollito e del cotechino di zia Rina. -Vuoi il lesso o la polenta?- le chiedeva sorridendo. -La penta!- rispondeva felice battendo le mani.

Adorava papà. Con l’uniforme dei Vigili del Fuoco, il posto nella Nazionale di pallavolo, il leggero profumo di Acqua di Selva, era l’uomo piu’ bello che avesse mai visto e lei la sua felice fidanzatina segreta, come diceva lui strizzandole l’occhio.
Papà amava mamma di un amore assoluto.

La sua splendida mamma bionda e profumata di mughetto pareva una diva del cinema, una star che lavorava nel negozio di panetteria di certi cugini misteriosamente arricchitisi durante la guerra. Mamma era una temeraria, diceva sorridendole papà, perché durante la guerra andava in bicicletta al lavoro sfidando il tremendo Pippo che a volte sorvolava Milano e mitragliava tutto quello che si muoveva, mamma compresa.

Ma ora la casa non c’era piu’.

Al suo posto una palazzina ristrutturata e rialzata di un piano. Le belle scale in marmo con ringhiere liberty a tralci d’edera in ferro battuto ed il soffitto affrescato con piccoli angeli paffuti, nuvolette azzurre e rami di rose, erano scomparse sotto pretenziose quanto inutili passatoie rosse, imbiancature scellerate ed ascensori in acciaio. Aromi di cibi semplici, di caffè, perduti in uno sconodciuto odore di nuovo. Tutto sparito come per la magia di un perfido mago.

Anche la sua famiglia se ne era andata, portata via dal tempo che non perdona.
Se ne erano andati tutti, lasciandole nel cuore buchi incolmabili.

-Giovanna svegliati! Hai dormito sul divano, sono le nove passate!-
Luigi, compagno di oltre mezzo secolo, il padre dei suoi figli ormai adulti.
Luigi, con cui aveva condiviso una giovinezza impegnata in battaglie politiche e barricate ideologiche, cortei di protesta, notti passate in discussioni senza vie d’uscita e nebbie spesse del fumo e dell’odore di mille Gauloises.
Luigi che ora, da combattente qual era stato, si era trasformato in un uomo tranquillo, affettuoso, paziente ed un po’ pedante.

Si alza: una fitta le trafigge la tempia, ha un capogiro e si aggrappa al marito.
-Non è nulla, mi sono alzata troppo in fretta!- e sorride, avviandosi verso la loro camera da letto.

Il pranzo della domenica è veloce, ormai si mangia poco.

L’aroma del caffè la riporta alla prima giovinezza, quando seduta al bar della spiaggia lo beveva in compagnia di mamma, aspettando quel ragazzo che le aveva regalato all’improvviso il primo travolgente amore.
Erano gli anni del Piper, delle minigonne, dei Beatles e loro, troppo giovani ed inesperti, avevano vissuto una manciata di estati magiche, ma poi si erano persi presto, nei meandri della vita.

Giovanna, vieni a guardare un po’ di tv?-
-No, voglio terminare il mio libro-

Luigi russa leggermente davanti al solito spettacolo della domenica.
 Lei ripensa a quando erano giovani, i figli piccoli e se ne andavano a pranzo in campagna oppure al mare e si amavano in ogni momento libero, l’esistenza ancora leggera di lutti e delusioni.

Le 19! Accende le luci e prepara la cena. Lei, la testa dolorante, non mangia.
Si accomoda nella poltrona, il libro aperto ad una pagina qualunque, i ricordi a sfilare in disordine. Facce perdute e luoghi dimenticati, profumi, parole, musiche e colori: tutto prende a vorticarle in testa in un carosello inarrestabile.

Alla fine eccola: la saetta!

Questa volta è devastante: Il bagliore si diffonde ovunque, brucia . Dei ricordi, dei rimpianti, dei dolori e delle gioie non resta piu’ nulla.
E’ il vuoto. Il libro cade, la testa si appoggia sul petto.
-Giovanna, è mezzanotte! Vieni a dormire.-


Giovanna non sente piu': sta già dormendo.


Marisa Cappelletti






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