#unastoriaunacanzone
Questo è il mio contributo:
Road to Escondido
Stivali da cowgirl, una treccia bionda mezza sfatta, due
occhi pieni di voglia d’avventura , pochi dollari e tante illusioni.
Aveva vent’anni ed un nome antico: Suzanne.
La casa in cui era nata e la città in cui era cresciuta, Escondido,
California, se l’era lasciate alle spalle senza rimpianti. Non ci si era mai
trovata bene; dopo la morte di mamma il
suo patrigno, il vero padre chissà chi era e chissà dove se n’era andato, si
era risposato in fretta.
–In casa ci vuole una donna e tu non lo sei ancora e chissà
se lo sarai mai- aveva sghignazzato sputacchiando con la rozzezza che l’aveva sempre
contraddistinto.
Cosi’, semplicemente.
La cosa che lo rendeva piu’ orgoglioso in assoluto era il suo
Hummer H2 giallo, per lui come un attributo sessuale dal fascino
infallibile per le ragazze che piacevano
a lui.
Ne aveva collezionato un bel gruppetto da quandolo possedeva ,
una collezione personale di tutto rispetto che andava dalla rossa Kate alla biondissima
Jude, dalle altre che, non tutte in verità, gli avevano lasciato ricordi
indelebili e tangibili che conservava in
una valigia di metallo nascosta
dietro scatoloni pieni di cianfrusaglie
nel garage di casa.
Mamma, abbracciandolo, diceva sempre che un bel giovanotto come lui
doveva trovarsi una bella moglie e fare tanti bei bambini, cosi’ sarebbe stata
una nonna ancora giovane ed attiva per loro. Lui rideva e se ne andava al
lavoro: rappresentante di bijoux fantaisie per lo Stato della
California. Un lavoro che gli piaceva,
gli permetteva una certa libertà e gli dava la possibilità di offrire
passaggi a belle ragazze che non si
ponevano tanti problemi.
Quella mattina Don dalla
casa di San Diego si stava dirigendo
verso Pasadena, ma sarebbe prima passato da Escondido, a trovare Mick, vecchio amico di suo padre, sparito con
la cassiera di un cinema a luci rosse tanto tempo fa. Mick gli era rimasto affezionato, pur non
parlando molto, gli aveva trasmesso un affetto quasi paterno e lui lo aveva
sempre apprezzato.
Infilo’ il cd nella radio dell’auto e subito Danger
di JJ Cale ed Eric Clapton esplose nell’abitacolo,
facendolo sogghignare mentre pensava la
titolo che gli si confaceva perfettamente.
La strada era libera, l’auto
viaggiava, Don viaggiava anche lui con
la fantasia. E di fantasia lui ne aveva tantissima, magari non proprio come
quella della maggior parte delle persone, ma caspita se ne aveva!
Adesso rideva di
gusto Don.
Suzanne scese dall’autobus sulla Route
101, si aggiusto’ il maglioncino aderente, tiro’ su i jeans, respinse un ciuffo
biondo che le cadeva sulla fronte,
estrasse il suo cartello, appoggio’ la
sacca sul ciglio della strada e, come
aveva visto tante volte fare nei telefilm, petto in fuori e sorriso stampato,
alzo’ il cartello LOS ANGELES, ammiccando alle auto di passaggio.
La vide da lontano: una ragazzina bionda, bella ed
assolutamente ingenua, glielo si leggeva
sul corpo tutto. La sua preda
preferita. Rallento’, si fermo’.
Lo vide arrivare come un enorme insetto giallo rombante e
spero’ si fermasse. Bellissima quella jeep, ci avrebbe fatto volentieri un
giro. L’Hummer rallento’ e le si fermo’ accanto.
Clapton&Cave cantavano it’s Easy.
-Sali, vado giusto li’-
Il sorriso splendente, la voce piena di promesse.
-Grazie, è una fortuna per me!-
La piccola mano dalle unghie laccate rosa si alzo’ verso il
cuore.
Il cuore del ragazzo manco’ un battito: una mano perfetta da
conservare.
-Aspetta, ti sistemo la sacca dietro, tu intanto sali-
-Okay-
Dietro, sotto la coperta a scacchi verdi che lui sollevo’
piano, gustando l’attimo, la lama del grande coltello da caccia brillo’ crudele
e perfetta .
Il cd di Road to Escondido stava passando da Don’t cry sister all’ultimo brano :
Last will and
testament.
Nessun commento:
Posta un commento