Poveri ma bravi
Sono tantissime le cose ed anche le materie che oggi non ti
insegnano o ti insegnano male a scuola. Con buona pace di quei maestri o
professori che invece ce la mettono tutta con risultati scarsissimi e non per
colpa loro.
Ai tempi miei, cioé più di mezzo secolo fa, mio padre mi
insegnò che studiare era un mio preciso
dovere, che nulla mi era dovuto, che se portavo a casa bei
voti era esattamente quello che mi veniva richiesto e dunque niente complimenti
e regalini come usa oggi.
Ed io eseguivo con diligenza, anche perchè, fin dalle scuole
elementari, a me piaceva imparare, scrivere, studiare. Secchiona?
No,
semplicemente imparavo in fretta.
Ma avevo un handicap insormontabile: ero povera, brava sì,
ma proprio povera! Portavo vestiti e scarpe che oggi verrebbero detti di
seconda mano, allora erano solo quelli smessi dalla cugina più grande, e le mie
trecce erano trattenute da semplici elastici che le stringevano senza pietà.
La mia compagna di banco Floriana, sempre ben vestita con il
grembiule immacolato e le iniziali ricamate, con le pieghe piatte che mi piacevano tanto e con enormi
fiocchi di seta a fermare le trecce, invece era figlia unica di genitori
benestanti che riempivano la signora maestra di omaggi natalizi, pasquali,
inizio anno durante anno e fine anno.
La mamma per tutti e cinque gli anni delle elementari
invece per Natale regalava, perchè usava fare un "presente" in
determinate occasioni, una scatola con tre saponette profumate.
Per i miei genitori era un impegno economico, per me la
vergogna di essere povera.
Mi consolava un po' l'amicizia della compagna più fortunata
di me ed anche la considerazione dei suoi genitori. Mi invitavano a casa loro e
così si facevano anche i compiti, mi portavano con loro la domenica in campagna
e quasi sempre si studiava un po' insieme. La signora maestra ci aveva messe
vicine perchè Floriana faceva un pochino di fatica a capire la lezione o a
scrivere i pensierini, così io potevo darle una mano.
Per cinque anni ingenuamente le suggerii, le scrissi,
l'aiutai e lei fu sempre la prima della classe.
Io la seguii sempre a ruota,
buona seconda nonostante le evidentissime differenze.
Nelle scuole medie avevo un compagno, Corrado, con seri problemi
di apprendimento, linguaggio e socializzazione che però mi era
affezionatissimo: passava tutte e quattro o cinque le ore di lezione girato
verso di me ad osservare tutto quello che facevo.
Io ero un po' meno
affezionata. Ma la sorella maggiore mi manifestava ogni volta che ne aveva la
possibilità tutta la simpatia che riusciva a tirar fuori.
E la storia si andava
ripetendo: inviti a casa,molto più bella di quella di Floriana, al mare,
persino piccoli regali.
Ed anche qui i professori, da notare che allora non c'erano maestre di sostegno o simili,chiudevano entrambi gli occhi sul rendimento e l'apprendimento dello sfortunato compagno, ma non transigevano sul mio che a volte lasciava a desiderare durante la lezione perchè avevo aiutato Corrado e secondo loro mi ero distratta.
Ma poi interveniva la sorella del ragazzo, con lodi sperticate nei miei confronti, con regalini a tutti e con inviti vari. E tutto tornava a posto.
A quell'età però, colpa o merito dell'esperienza precedente,
realizzai che esisteva oltre alla buona volontà messa nell'aiutare prima
Floriana e poi Corrado, una cosa importantissima chiamata dignità.
Lo imparai grazie alla mancanza della stessa da parte della
signora maestra e dei professori, ed imparai inoltre che nella vita ci sono mille lusinghe, ma anche la libertà di
scelta, come mi spiegò anche il babbo, che ogni essere umano ha il diritto di
avere.
Scelsi liberamente e con orgoglio la mia dignità di bambina povera ma ricca di
affetti e di speranze basate solo sulle mie possibilità.
Marisa Cappelletti
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