Milano di notte é le vetrine luccicano tentatrici, i ristoranti che accolgono migliaia di persone, i locali ed i caffé che stentano a trattenere gente e voci.
Ma Milano é anche disperazione violenza e sopraffazione.
Ma Milano é soprattutto un grande cuore pulsante capace di commuoversi, donare, riempirsi d'amore.
Il cuore della città
Mariami un tempo, quando era bambina, viveva in un villaggio
del Kenya, in una casa fatta di paglia e lamiera che si surriscaldava al sole
ed aiutava la madre e le sorelle a coltivare una terra povera e severa. Un
giorno, aveva 14 anni ed ormai era una donna, parti' sola e spaventata, con una
signora che non conosceva, per l'Eldorado. Cioè l'Italia.
Avrebbe avuto un
lavoro dignitoso, guadagnato una montagna di soldi, mangiato due o forse anche
tre volte al giorno. Sei fortunata, le aveva detto la madre.
Le aveva creduto ed era partita con quella donna.
La sua fortuna fu quella di arrivare in un Paese
sconosciuto, non capire una parola, venire caricata con altre due ragazze su
una vecchia auto da due uomini che puzzavano di vino ed aglio ed essere
rinchiusa tra quattro mura. Tre brande, una finestrella in alto ed una porta
sempre sbarrata. Fu cosi' che Mariami conobbe la bestialità degli uomini, le
botte, rincontro' la fame e capi' cosa significasse essere quello che i suoi
avi furono: una schiava.
Ogni sera alle 22 precise veniva scaricata con le altre due
vittime nei pressi del Cimitero Monumentale, famigerato e molto frequentato
luogo di domanda ed offerta incessanti e lei, notte dopo notte, offriva il suo
corpo e la sua anima in cambio di sudicio denaro che le veniva prontamente
sequestrato dai suoi aguzzini.
Aveva imparato quel poco di italiano che bastava per condurre le necessarie trattative, per il resto dell'esistenza, se cosi' la si poteva chiamare, non parlava perchè non aveva piu' nulla da dire, nemmeno a sé stessa.
Aveva imparato quel poco di italiano che bastava per condurre le necessarie trattative, per il resto dell'esistenza, se cosi' la si poteva chiamare, non parlava perchè non aveva piu' nulla da dire, nemmeno a sé stessa.
Un'auto anonima, come anonime erano tutte le altre, si
fermo' vicino a lei ed una voce maschile la chiamo'. Una voce che non la
insultava, gentile, che lasciava trasparire comprensione e pietà.
Ma lei ormai non si lasciava piu' ingannare dalle voci e
dagli uomini, percio' si avvicino' guardinga e sciorino' il suo menu'.
-Non mi interessa- disse la voce -ma se vuoi salire io ti
paghero' solo per parlare con te-
Mariami si giro' verso l'angolo in cui, al buio, stava la
loro (di loro tre) "guardia del corpo". Lui le fece cenno di salire
in fretta. Lei ubbidi'. L'uomo parti' con calma e si fermo' non lontano dal
viale, in una bella via con tante case di gente normalmente felice. Lei , come
d'abitudine, allungo' le mani, lui la fermo' dicendo -No, non mi devi nulla,
sono io che devo a te.
Ti devo un'altra vita, la tranquillità, quella fiducia
che hai disimparato ad avere, la tua adolescenza rubata. Mi chiamo Paolo, ma
per tutti sono Don Paolo e sono un prete.
Rappresento quel padre che hai
perduto o che forse non hai mai avuto, posso essere la tua salvezza, lo
strumento che ti porterà via da questa strada per insegnarti un'altra volta a
vivere.
La ragazza lo guardo' stranita, faticava a capire. Poi
abbasso' la testa, gli occhi pieni di lacrime e mormoro' -Si' padre, portami
via-.
Non sarebbe stato semplice, non lo é mai, ma quello era il
suo lavoro ed anche la sua missione: un prete di strada, uno dei tanti.
Marisa Cappelletti
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