mercoledì 28 dicembre 2016

L'altra Milano

Milano di notte é le vetrine luccicano tentatrici, i ristoranti che accolgono migliaia di persone, i locali ed i caffé che stentano a trattenere gente e voci.
Ma Milano é anche disperazione violenza e sopraffazione.
Ma Milano é soprattutto un grande cuore pulsante capace di commuoversi, donare, riempirsi d'amore. 



Il cuore della città


Mariami un tempo, quando era bambina, viveva in un villaggio del Kenya, in una casa fatta di paglia e lamiera che si surriscaldava al sole ed aiutava la madre e le sorelle a coltivare una terra povera e severa. Un giorno, aveva 14 anni ed ormai era una donna, parti' sola e spaventata, con una signora che non conosceva, per l'Eldorado. Cioè l'Italia. 

Avrebbe avuto un lavoro dignitoso, guadagnato una montagna di soldi, mangiato due o forse anche tre volte al giorno. Sei fortunata, le aveva detto la madre.
Le aveva creduto ed era partita con quella donna.

La sua fortuna fu quella di arrivare in un Paese sconosciuto, non capire una parola, venire caricata con altre due ragazze su una vecchia auto da due uomini che puzzavano di vino ed aglio ed essere rinchiusa tra quattro mura. Tre brande, una finestrella in alto ed una porta sempre sbarrata. Fu cosi' che Mariami conobbe la bestialità degli uomini, le botte, rincontro' la fame e capi' cosa significasse essere quello che i suoi avi furono: una schiava.

Ogni sera alle 22 precise veniva scaricata con le altre due vittime nei pressi del Cimitero Monumentale, famigerato e molto frequentato luogo di domanda ed offerta incessanti e lei, notte dopo notte, offriva il suo corpo e la sua anima in cambio di sudicio denaro che le veniva prontamente sequestrato dai suoi aguzzini. 

Aveva imparato quel poco di italiano che bastava per condurre le necessarie trattative, per il resto dell'esistenza, se cosi' la si poteva chiamare, non parlava perchè non aveva piu' nulla da dire, nemmeno a sé stessa.

Un'auto anonima, come anonime erano tutte le altre, si fermo' vicino a lei ed una voce maschile la chiamo'. Una voce che non la insultava, gentile, che lasciava trasparire comprensione e pietà.
Ma lei ormai non si lasciava piu' ingannare dalle voci e dagli uomini, percio' si avvicino' guardinga e sciorino' il suo menu'.

-Non mi interessa- disse la voce -ma se vuoi salire io ti paghero' solo per parlare con te-
Mariami si giro' verso l'angolo in cui, al buio, stava la loro (di loro tre) "guardia del corpo". Lui le fece cenno di salire in fretta. Lei ubbidi'. L'uomo parti' con calma e si fermo' non lontano dal viale, in una bella via con tante case di gente normalmente felice. Lei , come d'abitudine, allungo' le mani, lui la fermo' dicendo -No, non mi devi nulla, sono io che devo a te. 

Ti devo un'altra vita, la tranquillità, quella fiducia che hai disimparato ad avere, la tua adolescenza rubata. Mi chiamo Paolo, ma per tutti sono Don Paolo e sono un prete.

Rappresento quel padre che hai perduto o che forse non hai mai avuto, posso essere la tua salvezza, lo strumento che ti porterà via da questa strada per insegnarti un'altra volta a vivere.

La ragazza lo guardo' stranita, faticava a capire. Poi abbasso' la testa, gli occhi pieni di lacrime e mormoro' -Si' padre, portami via-.

Non sarebbe stato semplice, non lo é mai, ma quello era il suo lavoro ed anche la sua missione: un prete di strada, uno dei tanti.


Marisa Cappelletti






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