mercoledì 5 ottobre 2016

Dalla parte del Diario

Non ho mai tenuto un diario e, sinceramente, non ne ho mai capito l'utilità. Ma ognuno ha la libertà di scegliere quel che vuol fare e di agire di conseguenza.
Avete mai pensato a tutto quello che tantissimi diari sono costretti a sorbirsi?
Ma perché? 

Sognavo una penna d'autore, dei pensieri profondi, una vita straordinaria, segreti pesanti ma resi accettabili da ragionamenti filosofici, sognavo una vita diversa, avventure fantastiche in giro per un mondo che non conoscevo, non conosco e mai conoscero'.
Tantissimi miei colleghi nel corso dei secoli hanno raccolto confidenze di uomini che hanno fatto la storia, di uomini che, se non proprio la storia, hanno fatto azioni degne di rilievo, di essere ricordate.
Ci sono pagine che riportano liste della spesa o soltanto il conto della biancheria da consegnare alla lavandaia, ​di illustri personaggi che sono finite proprio perché scritte di loro pugno, in musei importanti.
Ed io?
Che fine faro' io, povero diario londinese che raccoglie le confidenze di un uomo senza qualità, pittorucolo squattrinato dell''East End ossessionato dalle prostitute che frequentano Whitechapel?
Ma perché?
Ma perché proprio io che aspiravo a vette eccelse devo vedermi riempito da farneticanti frasi senza senso compiuto scritte con parole a volte in tedesco ed a volte in latino mischiate ad un inglese poco elegante? Perché le mie pagine devono essere imbrattate da ritratti di donne dai volti sfigurati o dai corpi nudi offesi da tagli e mutilazioni? Sono il diario di un pazzo?
Noi diari dovremmo poter avere la facoltà di scegliere chi ci userà per una parte della sua vita.
Non tutti siamo uguali!
C'é chi modestamente si accontenta dei resoconti quotidiani di una vita qualunque, chi vuole raccogliere segreti inconfessabili, chi ama la bella e buona scrittura, chi tiene gelosamente per sé aspirazioni e sogni, chi, come me, vorrebbe il massimo.
Ed invece ci tocca prenderci il primo che capita, che ci sceglie, senza alcuna possibilità di sgusciargli tra le mani e nasconderci dietro gli altri, sugli alti polverosi scaffali delle botteghe insieme a libri e quaderni e cartoline romantiche.
Quale sarà la mia destinazione finale in questa casa misera e buia ingombra di tele cupe ed inquietanti? Chi mi salverà dalla scrittura sgangherata di Walter Sickert, dalla sua penna e dall'inchiostro rosso che ultimamente riempie le mie pagine con tre sole parole: Jack the ripper, Jack the ripper, Jack.....
Ma perché?


Marisa Cappelletti





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