venerdì 2 settembre 2016

Un tempo, a New York

Riservato agli adulti che sanno ancora sognare
Un'unica notte.
Di quelle retro', magiche, lontane.

Lungo la notte di New York


Eravamo in cima al mondo: sull'Empire State Building nel ristorante che girava sulla città. I piu' eleganti i piu' belli, di una bellezza interiore che ci faceva risplendere, ed i piu' innamorati.
Mi tenevi tra le braccia mentre ballavamo Strangers in the night con la voce del vecchio Frank.
Poi ci siamo seduti al tavolo illuminato solo da una lampada discreta, mi hai offerto una coppa di champagne, abbiamo toccato i bicchieri: a noi ed alla nostra felicità perfetta.
Mi hai presa per mano e siamo usciti sulla terrazza e mentre il vento mi spettinava e mi sollevava la gonna del vestito da sera, mi hai baciata come Humphrey baciava Ingrid in Casablanca.
In quel momento abbiamo compreso di essere i padroni del mondo. Il nostro.
Là dentro Frank cantava My Way...
Nella suite del Plaza sulla Fifth Avenue stavamo seduti su un enorme divano con cuscini in raso beige, due bicchieri gelati colmi di vodka martini mentre Etta James ci cantava con la sua sensualissima voce At Last.
Tolti i sandali di Ferragamo, avevo steso le gambe nude sulle tue fasciate nell'impeccabile smoking. Quel sorrisetto che sapeva sciogliermi anche l'anima mi catturava mentre le tue mani mi accarezzavano piano le gambe, salendo sfacciate sulle cosce e poi piu' su.
Scivolata sul divano mi ero allungata, donna innamorata alla tua mercé.
Mi avevi preso tra le braccia, io sospiravo incantata passandoti le mani tra i capelli.
I wodka martini si erano intiepiditi, Etta continuava a cantare per noi.
E mentre nell’aria risuonavano le note di I just want to make love to you (che già dice tutto) io mi ero alzata ed avevo iniziato a spogliarmi al loro ritmo.
Rimasta con le coulottes di seta crema mi ero avvicinata ancheggiando a te che mi osservavi con un mezzo sorriso, ti avevo sbottonato lo sparato e sciolto il cravattino, tu mi avevi posato le mani sui fianchi e sfilato lentamente le mutandine. Mi ero avvicinata ancora di piu' per permetterti quei baci che volevi, mentre Etta mi aiutava cantando The man i love.
Mi stringevi le natiche, mi inginocchiavo tra le tue gambe offrendoti il mio fiore (tu la chiamavi orchidea) ed il mio profumo.
Mi baciavi piano, mi dicevi quanto ero bella, gemevo e ti sussurravo che ti amavo, le tue dita mi esploravano con sapienza e delicatezza, ti accarezzavo con lentezza esasperante.
La musica era cambiata: ora Gershwin suonava la sua Rapsodia in blu.
Mi stendevo sul folto tappeto e ti attiravo a me: -Ora amore mio, ora ti voglio dentro di me: fammi impazzire di desiderio, fammi gridare il tuo nome, fammi perdere la testa ed il senso del luogo e del tempo-.
Scivolavi dentro di me, riportandoci ad altri luoghi e ad altri anni, ti accoglievo con gioia, amore, desiderio immenso. Non resistevo a lungo, tu acceleravi il ritmo io ti assecondavo nell'orgasmo piu' intenso, bello, lungo della nostra vita.
Mi baciavi ancora eccitato. Ti prendevo il viso tra le mani, asciugavo due lacrime scese sulle guance e restavamo cosi' in una New York antica ma nuova per noi e per la nostra storia.
Una New York magica e di sogno.

La musica fini' ed il silenzio ci accompagno' lungo la notte.



Marisa Cappelletti



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