Gli angeli della città
Prima parte
Quando la città si quieta ed il buio inizia il suo lavoro su
strade, giardini e persone, quando i lampioni si accendono ed i fantasmi escono
dagli angoli nascosti dove sono rimasti per tutta la caotica giornata, allora e
solo allora inizia la vita degli angeli metropolitani.
Non sono angeli qualsiasi, sono quelli esperti, quelli che
sanno cosa significa essere disperati, non avere piu' nulla se non un cartone
come tetto e come letto, quelli che, in quanto angeli, si sacrificano per gli
altri.
Gregorio era uno di quelli. Ogni notte lasciava a casa la
sua vita ed usciva in cerca delle altre, quelle buttate via.
Angela (a volte le coincidenze...) era un fantasma.
Il
fantasma di sé stessa, il fantasma della donna che era stata un tempo. Un guscio
rotto e vuoto che si aggirava nei pressi della Stazione Centrale cercando di
passare inosservata a chi arrivava e partiva, ai gruppi di delinquenti che li'
stazionavano in attesa delle loro vittime, ai piccoli spacciatori, forse piu'
disperati di lei.
Un barbone vecchio e puzzolente la afferro' da dietro e con
violenza cerco' di strapparle il cappotto enorme e liso che la infagottava.
Tento' una debole difesa, ma l'uomo le sferro' un pugno sulla testa facendola
stramazzare al suolo svenuta.
Si riprese poco dopo, tremando dal freddo ed incontrando
sopra di lei due occhi straordinariamente azzurri che la stavano scrutando con
preoccupazione. Penso' di essere finalmente morta e filata dritta in Paradiso.
Nessuno, da decenni, l'aveva piu' guardata interessandosi a lei, quello doveva
essere un angelo.
In fondo aveva ragione.
-Coraggio- disse l'angelo - ora chiamo un'ambulanza cosi'
passerai almeno una notte al coperto, ora bevi questo caffé caldo, ti farà
bene-
Lei cerco' di metterlo a fuoco, ma il colpo in testa e le diottrie
mancanti le impedivano di vedere quel ragazzo che le parlava come se lei fosse
ancora una persona.
Gregorio stava tentando di ignorare il cattivo odore che la
donna emanava e la crosta di sudiciume che le nascondeva il viso e le mani.
Cercava di rimandare giu' la pietà per quel povero essere umano abbandonato a
sé stesso, la rabbia e la nausea verso quel prossimo che voltava sempre la
testa dall'altra parte.
Chiese al suo compagno di chiamare l'ambulanza ed
avvolse con tenerezza Angela in una coperta, circondandole per un momento le
spalle ossute.
Lo sguardo di lei lo ripago' dell'amarezza che gli stringeva il
cuore. La donna provo' per un attimo una punta di un sentimento sconosciuto che
forse si poteva chiamare felicità.
Poi due volontari la aiutarono a stendersi
sulla barella e lei se ne ando' riconoscente verso un letto pulito, un bagno e
forse una nuova sistemazione.
Gregorio la saluto' come si saluta un'amica e riprese la sua
ronda da angelo della notte.
Marisa Cappelletti
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