martedì 29 settembre 2015

Sono così

Eccomi sono io: la donna la mamma l'amica la scrittrice ed infine la blogger.
Un po' di me!




- Il menisco, signora, dobbiamo operare il menisco: la risonanza ci dice che lì dentro é tutto a pezzettini, non si capisce come lei abbia fatto fino ad ora a camminare!-
E' impressionabile e molto, la signora. Così le son venute le palpitazioni, un principio di svenimento, un pallore innaturale sotto l'abbronzatura da lampada.
Ed io lì, sempre lì, a consolarla, rassicurarla, assicurare che non le succederà nulla di terribile.
E' naturale, sono sua madre.
Dopo due mesi siamo sedute nella sala d'attesa dell'ospedale ad attendere che arrivi il suo turno per la sala operatoria. E' nervosa: parla parla e parla. Come al solito. Ed io come al solito dopo dieci minuti non l'ascolto più. Anzi, vado a far colazione al bar perché mi gira la testa e tanto manca ancora un bel po' di tempo.
Torno ed é sparita. Dicono che l'hanno chiamata ed é entrata in sala. Lo sapevo, non la puoi lasciare un attimo. Mi accomodo, guardo i messaggini, leggo il mio e-reader, scrivo due cose e mi dico che chissà quanto dovrò aspettare. Aspetterò.
E' naturale, sono sua madre.
Dopo cinque ore, un panino, un bel mal di schiena qualche telefonata e quattro chiacchiere con i vicini mi chiamano perché é tutto finito e posso entrare per aiutarla. Entro.
Sta sulla sedia a rotelle, ben sveglia, sorridente, come se fosse ad un party. L'aiuto a vestirsi, con precauzione, si risiede sulla sedia, l'accompagno in corridoio, rischiando di romperle il ginocchio operato contro un muro. Non so guidare. Non si può pretendere più di tanto!
Andiamo a casa e parla, parla, parla. Sta sul divano e telefona, parla, beve un tea e parla, non ce la faccio più e parla. Finalmente, dopo una cena leggera, i gatti sfamati e puliti, il letto fatto, il pigiama messo, l'iniezione, le medicine le ultime immancabili chiacchiere pare che sia arrivato il momento del riposo. Sono distrutta.
E' naturale, sono sua madre.
Mi sdraio sul divano sperando di riposare un po'. Arrivano i gatti: si rincorrono, mi saltano in testa, graffiano, urlo sottovoce. Ma in camera mi chiamano. Alzati vai a spiegare che succede, fai una camomilla, quattro chiacchiere.
Ritorno sul divano. Penso a quanto mi piacerebbe scappare ai Caraibi, prendere la mia cagnolona, io e lei , partire verso il sole, stare sdraiate tutto il giorno sulla spiaggia, mangiare pesce, bere vino bianco ghiacciato. No il cane no. E poi sedersi sotto il portico a guardare l'esplosione di rosso del tramonto nell'aria tiepida. E sognare, ciascuno i propri sogni.
Impossibili. Perchè non potrò mai abbandonare la mia vita qui.
E' naturale, sono sua madre.

Maricapp

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